2/2022 di DAVIDE MODINA VITICOLTURA 26 Nuovi portinnesti serie M nelle strategie di adattamento al Climate Change La ricerca di nuovi portinnesti è rimasta ferma per molti decenni, nonostante le caratteristiche dell apparato radicale possano influenzare in modo sensibile l espressione della vegetazione e della produzione. I nuovi portinnesti serie M si inseriscono in questo ambito e forniscono ai produttori un nuovo strumento per affrontare le necessità di adattamento al Climate Change Le problematiche emergenti correlate ai cambiamenti climatici mettono spesso a dura prova la sostenibilità delle produzioni, intesa nella pienezza del suo significato (ambientale, economica e sociale). Per mitigare questi effetti negativi sulla resa e qualità delle uve, sono diverse le strategie a disposizione dei viticoltori, adottabili nel breve (tecniche di vinificazione, scelte vendemmiali, gestione del suolo, gestione della chioma), medio (tecnica di potatura, scelta del portinnesto, forma di allevamento, scelta del sito) e lungo periodo (irrigazione, scelta del vitigno). Tra quelle citate, il portinnesto è probabilmente uno tra gli strumenti agronomici con maggiore potenziale, dal momento che si tratta del vero e proprio cervello della pianta, in grado di regolare diverse funzioni fisiologiche essenziali attraverso la sua complessa interazione con il nesto. Basti pensare che il portinnesto è in grado di regolare la nutrizione idrica e minerale, definendo, ad esempio, la tolleranza della pianta allo stress idrico, all anossia, al calcare attivo, al sale. L apparato radicale è inoltre il punto di stoccaggio per eccellenza delle sostanze di riserva e definisce la produttività, il vigore e la fenologia della pianta. Quest ultimo aspetto è particolarmente interessante in aree soggette a gelate tardive oppure quando si ha la necessità di ritardare la maturazione delle uve, come per i vini base spumante. Tuttavia, a causa di alcuni pregiudizi fortemente radicati, il ruolo del portinnesto è ancora oggi relegato al motivo per cui è stato introdotto in viticoltura oltre un secolo fa: fungere da barriera alla fillossera, che importata casualmente dall America, si diffuse in Europa provocando ingenti danni al settore. Gran parte delle varietà usate oggi risale così a quell epoca (figura 1) ed è frutto di una selezione basata principalmente sulla tolleranza alla fillossera e solo in seconda battuta sulle esigenze di una viticoltura totalmente diversa da quella dei nostri giorni. Dall altro lato, nell 80% della superficie viticola italiana sono impiegati solo cinque dei circa quaranta portinnesti autorizzati alla coltivazione nel nostro 101-14 41B 333EM 16-16C 161-49 420A 34EM paese (1103 Paulsen, 110 Richter, 140 Ruggeri, K5BB e SO4). Questo ridotto numero di genotipi disponibili, caratterizzati tra l altro da bassa variabilità genetica e scarsa adattabilità agli stress ambientali, mal si concilia con le molteplici condizioni pedoclimatiche ed esigenze enologiche che caratterizzano la nostra viticoltura, lasciando così ampi margini di lavoro nella selezione di nuovi portinnesti. I PORTINNESTI DELLA SERIE M In questo quadro si inserisce il programma di selezione di nuovi portinnesti portato avanti dai ricercatori del DISAA (Dipartimento di Scienze Agrarie e Ambientali) dell Università degli Studi di Milano. Un percorso ventennale che ha portato nel 2014 alla registrazione di quattro portinnesti 140Ru BerlandieriCol. 157-11 Paulsen1103,775,779,1447 K5BB Richter 99 e 110 Schwarzmann Teleki5c e 8B S04 Fercal Harmony Salt Creek Gravensac Borner 1860 1870 1880 1890 1900 1910 1920 1930 1940 1950 1960 1970 Rupestris Riparia 3039C 1980 1990 2000 2010 44-53M Ramsey Dog Ridge Golia Figura 1. In questa linea temporale sono riportati gli anni di selezione dei principali portinnesti. Si noti come la maggior parte di quelli utilizzati ancora oggi risalgono a ibridazioni di oltre un secolo fa