2/2022 CULTURA E SOCIET 51 Anni 20: Laboratorio chimico - Sezione analisi per il pubblico e, a destra, Biblioteca e sala per riunioni e conferenze nicola. Dopo essersi recato in Francia per apprendere i segreti del mestiere di champagnista , nel 1865 Gancia iniziò a produrre uno spumante a base di vino Moscato, denominato Moscato Champagne , che ebbe un notevole successo. Fu l inizio della grande avventura dell Asti e del Moscato d Asti. Consapevoli delle potenzialità dello spumante rispetto al più blasonato prodotto francese, anche gli sperimentatori della Regia Stazione di Asti cominciarono a rivolgere la loro attenzione al mondo delle bollicine, cercando di carpirne i segreti. I primi direttori, con pochi mezzi ma con molta dedizione, gettarono le premesse per l intensa attività sperimentale dell ente. Successivamente Mario Zecchini, direttore nel periodo 1885-95, iniziò una proficua collaborazione con Arnaldo Strucchi, direttore tecnico della Gancia di Canelli nonché divulgatore. I due studiosi descrissero in modo analitico le zone di coltivazione delle uve Moscato bianco, la natura geologica e la composizione chimica dei suoli, fino alle tecniche di vinificazione nella monografia Moscato di Canelli (1895) che costituisce un importante documento sullo stato dell arte a fine Ottocento. FEDERICO MARTINOTTI, SCIENZIATO E INVENTORE tuttavia Federico Martinotti, direttore della Regia Stazione dal 1900 al 1924, ad aprire nuove prospettive al settore, grazie alla sua esperienza nel campo della chimica e della tecnologia enologica. Risale infatti al 1895 l ideazione del cosiddetto me- todo Martinotti . A differenza del metodo tradizionale o Champenois che si avvale della rifermentazione in bottiglia, il suo metodo prevedeva l impiego di grandi vasche resistenti alle pressioni (autoclavi). Si trattava di 3 recipienti in ferro: nel primo avveniva la fermentazione del vino base, nel secondo la stabilizzazione del vino spumante tramite chiarifica e filtrazione e nel terzo l aggiunta del liquore. Il processo di lavorazione dei vini spumanti risultava molto più rapido del metodo Champenois e questo rappresentava un vantaggio per la conservazione dell aroma varietale dei vini Moscato. Qualche anno dopo (1907), un metodo simile venne brevettato da Eugène Charmat, ottenendo un immediato riscontro commerciale. Tuttavia, ciò nulla toglie all ingegno e al valore di Martinotti che, con scarsi mezzi, aveva sperimentato per primo una tecnica innovativa in grado di ridurre tempi e costi di produzione degli spumanti, senza pregiudizio per la qualità. Studioso a tutto campo, ideò altri apparecchi per la gassificazione degli spumanti con l impiego di tubi porosi e per la desolforazione dei mosti; infine si occupò della preparazione di uno spumante senza alcol. IL NOVECENTO, UNA SCUOLA DI RICERCA PER LA SPUMANTISTICA ITALIANA Martinotti fu un caposcuola, una guida per i giovani e valenti studiosi della Stazione. Su tutti, spiccano le figure di Carlo Mensio e Ettore Garino-Canina. Nel 1914 compre- sero per primi il ruolo della degradazione biologica dell acido malico in acido lattico sull affinamento dei vini rossi piemontesi. In seguito, presero strade diverse, ma connotate dalla medesima passione: gli spumanti. Mensio, lasciata la Stazione nel 1918, divenne direttore tecnico della Gancia, contribuendo allo sviluppo della spumantistica. A quei tempi, il vino spumante italiano per eccellenza era il Moscato spumante la cui lavorazione era simile a quella degli Spumanti secchi francesi . Come ben noto, il vino Moscato base presentava un tenore in zuccheri naturali compreso tra 70 e 100 g/L, a differenza dei vini base francesi che erano secchi e prima della rifermentazione venivano aggiunti di saccarosio in quantità calcolate per raggiungere la pressione desiderata in bottiglia. Già Strucchi e Zecchini nella loro monografia avevano intuito che gli interventi di sfecciatura e le ripetute filtrazioni dei mosti favorivano l anticipato arresto della fermentazione in bottiglia, evitando in questo modo l eccessivo sviluppo della CO2 e il conseguente scoppio delle bottiglie. Furono però gli studi di Mensio e di Garino-Canina che permisero di individuare la causa degli arresti di fermentazione in presenza di zuccheri residui (il contenuto in azoto) e di trovare una soluzione al problema del controllo della rifermentazione in bottiglia. Infatti, in un lavoro di Mensio veniva sperimentalmente messo in evidenza l effetto svolto dalla sfecciatura e dalle filtrazioni sulla riduzione delle diverse forme azotate presenti nei mosti, mentre in uno successivo di