ECONOMIA

“Mondavi go home”: dalla Francia la storia della ribellione contadina in nome del terroir MAURIZIO GILY

La grande finanza internazionale fa shopping di cantine e vigneti pregiati e, dopo alcune recenti acquisizioni in Langa, il presidente del Consorzio del Barolo Matteo Ascheri lancia un allarme: rischiamo di vendere la nostra anima. Cito dall’intervista di Christian Benna sul Corriere della Sera, di cui consiglio la lettura integrale, in chiaro sul web: «Le Langhe non sono in vendita, sia ben chiaro a tutti. E io dico a finanzieri, vip, top manager e imprenditori della moda con il pallino del vino: lasciateci in pace. Noi viviamo in un ecosistema ricco e bellissimo, anche se spezzettato in piccole realtà familiari. E non vogliamo distruggerlo con una mentalità di affari che non c’entra niente con il territorio».

L’uscita di Ascheri è stata un fulmine a ciel sereno, soprattutto arrivando dal Piemonte, un territorio noto per la ritrosia a suscitare polemiche rendendo pubbliche le sue ansie. Polemiche che infatti non sono mancate: “Ascheri è un conservatore, siamo in un libero mercato, i grandi capitali portano sviluppo, non si può fermare il progresso”, e tutte le prevedibili litanie di contorno.
La difesa di un mondo agricolo fatto di imprese tradizionali e familiari contro l’ingresso dello “straniero con i soldi” (che può anche arrivare da Milano…) è un tema cruciale dibattuto nelle regioni viticole più prestigiose italiane e francesi, che stanno vivendo in pieno questa corsa alla terra da parte di multinazionali e fondi di investimento. Qui raccontiamo la storia di un insolito “respingimento” di oltre vent’anni fa.