VITICOLTURA Coperture vegetali permanenti in vigneto: esperienze di viticoltura conservativa di ANDREA FASOLO In uno degli scorsi numeri abbiamo introdotto l’agricoltura conservativa, i suoi principi e le sue finalità, ma anche le origini e alcuni aspetti pratici che la rendono sempre più centrale per rispondere alle sfide odierne e future dell’agricoltura: produrre (bene, e a volte anche di più) con meno risorse (Andrea Fasolo, Millevigne numero 3, 2023). I principi fondamentali di questo approccio che mette al centro la fertilità del suolo (Soil Health) sono la copertura continua del suolo, la forte riduzione del disturbo (meccanico ma anche chimico), la valorizzazione della biodiversità (vegetale) più ricca possibile e la presenza di radici vive il più a lungo possibile durante tutto l’anno. In vigneto già da molti anni si adotta la pratica del sovescio, che in effetti già copre gli obiettivi di biodiversità vegetale e copertura del suolo, ma che, in realtà, contrasta con altri due: le radici delle piante erbacee non lavorano in permanenza ma vengono interrotte da, solitamente, due lavorazioni – semina e interramento della biomassa – che disturbano meccanicamente il suolo. E in realtà qui è d’obbligo una precisazione. SMETTIAMO DI CHIAMARLO SOVESCIO! Sovesciare è, letteralmente, interrare della biomassa, che siano residui colturali o che siano piante erbacee appositamente coltivate. Le lavorazioni agiscono negativamente sulla fertilità del suolo: questo avviene a carico della fertilità fisica, perché ne fragilizzano la struttura e lo rendono più sensibile al compattamento e all’erosione, ma anche di quella chimica, perché portano a un eccesso di mineralizzazione della sostanza organica, con elevate emissioni di CO2, perdita di nutrienti e malfunzionamenti del ciclo dell’acqua, con aggravamento delle problematiche di asfissia radicale o della siccità, anche a causa dell’erosione e della mancata infiltrazione per problemi di struttura. Il tutto è fortemente legato alla diminuzione di sostanza organica che è la base di sostentamento della fertilità biologica, sicuramente la più impattata dalle lavorazioni sia per gli effetti diretti (uccisione dei macroinvertebrati come lombrichi e artropodi da parte degli organi lavoranti) che indiretti (distruzione dell’habitat di animali e microrganismi). SOVVERTIRE LE CONVINZIONI PIÙ CHE LE PIANTE Ma interrare biomassa fresca può essere anche peggio, in quanto stimola sia un’ulteriore mineralizzazione – spesso in una fase in cui potrebbe non essere utile – e soprattutto favorisce un rapido attacco dell’attività biologica del suolo, in particolare batterica, a carico di una biomassa facilmente degradabile e poco stabile, a prescindere dalle caratteristiche della biomassa, che sia più ricca in leguminose o in cereali. Questo input di sostanza organica fresca si chiama azione di innesco e funziona in maniera simile all’aggiunta di una buona quantità di mosto fresco a una vasca che sta finendo la fermentazione lasciando un po’ di residuo zuccherino. Il risultato finale, soprattutto se siamo in presenza di biomasse con elevato rapporto C/N, può essere una diminuzione dello stock di carbonio organico nonostante gli aumentati apporti di biomassa ricca in carbonio. Seminatrice con elemento Gaspardo da sodo Revitalizer AZF