GLI ACIDI E I LIEVITI
È comune pensare che solo i batteri lattici siano i responsabili della degradazione degli acidi organici, ma anche i lieviti possono contribuire ad abbassare l’acidità del vino. La concentrazione di acido tartarico diminuisce a causa dell’accumulo di etanolo che, unitamente alle basse temperature tipiche delle cantine, ne riduce la solubilità. Al contrario, la degradazione biologica dell’acido L-tartarico è rara in enologia in quanto associata ai basidiomiceti (i lieviti enologici sono prevalentemente ascomiceti). Anche l’acido gluconico non è metabolizzato durante la fermentazione alcolica. Non vi è inoltre prova che ceppi di S. cerevisiae possano degradare efficacemente l’acido citrico in condizioni anaerobiche o in presenza di elevate concentrazioni di glucosio. Al contrario, lieviti non-Saccharomyces, come Pichia fermentans, sono in grado di degradare l’acido citrico.
L’acido malico è facilmente degradato dalla maggior parte dei lieviti, sebbene raramente in maniera significativa. In base alla loro capacità di utilizzare l’acido L-malico e altri intermedi del ciclo degli acidi tricarbossilici, i lieviti possono essere suddivisi in due gruppi. Il gruppo Krebs+ è in grado di utilizzare uno o più intermedi del ciclo degli acidi tricarbossilici senza esigere la presenza di zuccheri; tra questi lieviti vi sono Kluyveromyces marxianus, Candida utilis e Hansenula anomala. Il gruppo dei lieviti Krebs- utilizza gli intermedi di questa via metabolica tra cui l’acido malico solo in presenza di glucosio o di altre fonti di carbonio. Questo secondo gruppo comprende Sacchamomyces cerevisiae, Schizosaccharomyces pombe e Zygosaccharomyces bailii. In S. cerevisiae l’acido L-malico è assorbito per diffusione passiva in forma non dissociata e il fenomeno è regolato dal pH extracellulare. La capacità di S. cerevisiae di degradare l’acido malico dipende dal ceppo, con consumi tra il 3 e il 45% dell’acido presente nel succo d’uva. Nei lieviti non-Saccharomyces un consumo moderato di acido malico, mai superiore al 30%, è stato osservato in Torulaspora delbrueckii, Metschnikowia pulcherrima, Issatchenkia orientalis, Candida zemplinina e Hanseniaspora uvarum. Anche i generi Candida e Pichia possono degradare l’acido malico, ma solo in condizioni strettamente ossidative.
I lieviti più efficienti nella degradazione dell’acido malico sono Schizosaccharomyces spp. e Zygosaccharomyces spp. che possono consumare anche il 100% di quanto inizialmente presente nel mosto. L’alta efficienza è dovuta alla presenza di specifici complessi enzimatici che catalizzano sia il trasporto intracellulare della molecola che la sua conversione in piruvato. Questo poi, in funzione delle condizioni ossidoriduttive, potrà essere utilizzato per scopi di biosintesi o essere convertito in etanolo e CO2.
LIEVITI CHE PRODUCONO ACIDI ORGANICI
Se, come abbiamo visto, i lieviti sono in grado di degradare alcuni acidi dell’uva, i medesimi microrganismi hanno anche un’azione biosintetica verso questa classe di composti. Anche se la sintesi raramente bilancia quanto perso durante la fermentazione, può avere interessanti risvolti qualitativi.
L’acido succinico è presente in tracce nelle uve, ma la sua concentrazione in vino va da 0,2 a 3 g/L, come risultato del metabolismo dei lieviti. L’acido succinico impatta in maniera positiva sul sapore dei vini con note salate e amarognole, che sono correlate alla sensazione di “mineralità”, mentre i suoi esteri etilici sono coinvolti nel profilo gustativo dei vini invecchiati. La biosintesi di questa molecola è ceppodipendente, sebbene ossigeno, temperatura di fermentazione e disponibilità di azoto possano influenzare il metabolismo del lievito. L’acido succinico è formato durante la fase di crescita esponenziale del lievito; in S. cerevisiae sono diverse le vie metaboliche, due delle quali legate al ciclo degli acidi tricarbossilici, in differenti condizioni di disponibilità di ossigeno. Vi sono poi la possibilità di sintesi nel ciclo del gliossilato, una via metabolica tipica di piante e funghi, che permette di sintetizzare i carboidrati a partire dai lipidi, e la produzione nel catabolismo degli aminoacidi, in particolare aspartato e glutammato.
Risultati sperimentali indicano che, in presenza di concentrazioni zuccherine tra i 150 e i 200 g/L, la maggior parte dell’acido succinico sia formata mediante la via degli acidi tricarbossilici in condizioni riduttive. Infatti, il metabolismo che porta alla formazione di questo acido riequilibra il bilancio NADH/NAD+ nelle cellule, in assenza di ossigeno.
L’acido acetico è il principale acido organico prodotto durante la fermentazione. È formato prevalentemente durante la fase di crescita esponenziale con importanti differenze in funzione del ceppo di lievito, della temperatura di fermentazione e del livello di zuccheri, vitamine e azoto del mosto. La concentrazione zuccherina rimane il fattore prevalente nello stimolare la produzione di acido acetico, come conseguenza del maggiore accumulo di glicerolo, sintetizzato per rispondere allo stress osmotico indotto dagli zuccheri.
Al contrario dei batteri lattici, S. cerevisiae produce solo tracce di acido lattico, la cui presenza è un marker indubitabile di attività batterica. Il modesto accumulo, mai superiore ai 500 mg/L è imputabile a una scarsa attività dell’enzima piruvato decarbossilasi, favorita da carenze amminoacidiche. Al contrario, Lachancea thermotolerans è capace di produrre elevati quantitativi di acido lattico, aumentando l’acidità totale del vino e mitigando l’accumulo di alcol, se associato a S. cerevisiae nella fermentazione alcolica. Altri acidi organici minori, come fumarico, piruvico e α–hetoglutarico sono indice dell’attività di lieviti non-Saccharomyces come Starmerella bacillaris. Zygosaccharomyces rouxii si è dimostrato invece capace di produrre acido malico e, occasionalmente, acido succinico. L’accumulo di entrambi è favorito da concentrazioni di carboi-drati nel mosto superiori ai 200 g/L, pH elevati e scarse dotazioni azotate.