Il benessere della pianta non è una condizione stabile e per il suo mantenimento è necessario compensare e modulare le inevitabili fluttuazioni conseguenti alle condizioni ambientali e fisiologiche. Adottando un concetto preso in prestito dallo sport, per prestazioni produttive di elevato livello qualitativo dovremmo pensare alle nostre viti come ad atleti evoluti. È necessario un approccio che guarda alle viti non più come piante isolate in un substrato inerte, bisognose di assistenza continua per la nutrizione e per la difesa, e nemmeno come strutture vegetali da spingere all’estremo delle loro possibilità per fini produttivi che travalicano la loro naturale predisposizione.
I vigneti destinati a produzioni di qualità diventano così i nostri campioni che, dotati di un grande talento (il terroir), per non sbagliare un colpo devono essere messi nelle giuste condizioni a ogni partita (l’annata), ripensando e rimodulando opportunamente la loro performance.
In sostanza, parafrasando un altro concetto relativo stavolta alla politica economica keynesiana, il vigneto per uve di elevata qualità dovrebbe essere regolato secondo un attento e costante “fine tuning”, con tutti i ritocchi e gli interventi necessari al mantenimento di una “perfetta sintonia” in risposta alle fluttuazioni del sistema vigna. Nel campo del machine learning infine si intende per fine-tuning il riaddestramento di un modello che è stato già addestrato. E qui chiudiamo il cerchio tornando allo sport: Iannik Sinner vince proprio perché modula alcuni aspetti del suo gioco in funzione di quello dell’avversario.
Tutte queste metafore economiche, informatiche, musicali e sportive ci introducono al tema dei biostimolanti, precisando comunque che il doping non rientra nell’ambito da noi focalizzato del fine tuning del vigneto. E ci mancherebbe altro.
FINALMENTE UNA NORMATIVA CHIARA
Sulla Gazzetta Ufficiale della UE nel giugno 2019 è stato pubblicato il Regolamento 1009/2019 che chiarisce alcune incongruenze e definizioni riguardanti la famiglia dei fertilizzanti. Finalmente dopo tanto tempo è emersa una chiara definizione dei composti biostimolanti, che precedentemente (Reg. 1107/2009) erano stati inclusi nella categoria dei fitoregolatori, con tutte le difficoltà del caso legate al loro riconoscimento.
Nel testo del Reg. 1009/2019 i biostimolanti sono stati inclusi fra i fertilizzanti utilizzabili nell’Unione Europea, come prodotti in grado di stimolare i processi nutrizionali nelle piante, indipendentemente dal tenore in nutrienti in essi contenuto.
Questa attività di stimolazione comprende vari aspetti favorevoli alla nutrizione delle piante, come l’efficienza nell’uso dei nutrienti, la tolleranza degli stress abiotici, la disponibilità dei nutrienti nella rizosfera. Una novità importante all’interno della famiglia dei biostimolanti è rappresentata dall’introduzione dei microrganismi, accompagnata dall’obbligo di indicare il contenuto di microbi pericolosi e indesiderati. In questa normativa, oltre alla definizione delle attività e delle caratteristiche del biostimolante, sono indicati anche i limiti quantitativi di alcune sostanze in esso contenute (ad esempio il limite massimo in rame o in fosfonati), che di fatto ne limitano l’utilizzazione per altri fini come la difesa antiparassitaria. Infine, nelle etichette di un biostimolante devono essere specificate le attività svolte sulla pianta. Informazioni che ci fanno comprendere la quantità di prove di campo necessarie per ampliare i campi di azione permessi e che rappresentano una garanzia sulla serietà richiesta alle ditte produttrici nell’attività di ricerca.