ENOLOGIA

Le proteine dei mosti e dei vini: da dove vengono e come si comportano di PAOLA DOMIZIO Università degli studi di Firenze

Le proteine dei mosti e dei vini sono una causa di instabilità importante. Siamo andati ad approfondire la loro origine, le pratiche viticole ed enologiche che influiscono sul loro contenuto e i meccanismi che portano alla formazione della casse proteica. Un primo contributo per conoscere il mondo delle proteine dei vini e in attesa di approfondire anche le tecniche di stabilizzazione per renderle inoffensive

Le proteine, sebbene presenti nel vino a basse concentrazioni, possono rappresentare una delle principali cause di instabilità. In particolare, alcune specifiche proteine, presenti dopo l’imbottigliamento, potrebbero portare alla formazione di velature e torbidità, definite con il nome di casse proteica, soprattutto in seguito a condizioni di conservazione e di trasporto non appropriate. La casse proteica rappresenta tuttavia soltanto un problema visivo, non comportando alcuna alterazione della componente olfattiva e gustativa, e tanto meno alcun problema salutistico. Nonostante ciò, essa viene ritenuta normalmente inaccettabile dal consumatore, determinando un elevato danno economico per l’azienda produttrice.
Le proteine presenti nel vino derivano in gran parte dall’uva e in minima parte dai lieviti agenti della fermentazione alcolica. In particolare, nel succo d’uva sono presenti centinaia di proteine differenti, ciascuna delle quali svolge un ruolo essenziale per lo sviluppo e per i meccanismi di difesa della pianta. I lieviti, invece, possono influenzare la composizione proteica del vino sia idrolizzando le proteine presenti nel mosto, tramite proteasi esocellulari, sia rilasciando altre proteine durante il processo di autolisi. Nella vinifica zione in rosso, la fermentazione in presenza di bucce e vinaccioli determina la lisciviazione dei composti fenolici in essi presenti. Le proteine, a seguito dell’elevata reattività con i composti fenolici, si legheranno con essi e tenderanno in gran parte a precipitare per essere poi rimosse durante le successive fasi di vinificazione (Bindon et al 2016).
Indagini recenti, condotte su 110 vini rossi monovarietali, ottenuti da 11 dei più importanti vitigni italiani, hanno comunque evidenziato un contenuto proteico compreso tra 0 e 159 mg/L, con una media complessiva di 41 mg/L (Marangon et al., 2022). Nei vini bianchi, prodotti invece senza contatto con le bucce, è presente un basso contenuto di composti fenolici e, rispetto ai vini rossi, presentano un contenuto di proteine più elevato, normalmente compreso tra 15 e 230 mg/L (Ferreira et al. 2001). Alla fine della fermentazione alcolica, nel vino sono generalmente presenti solo quelle proteine che hanno resistito alla degradazione da parte degli enzimi proteolitici e alle condizioni denaturanti del vino, dovute ad esempio ai bassi valori di pH e alle alte concentrazioni di etanolo. L’instabilità proteica rappresenta la causa di instabilità più importante nei vini bianchi, per i quali la limpidezza è ritenuta un parametro fondamentale della qualità sensoriale. Benché raramente segnalati, problemi di instabilità proteica sono stati comunque evidenziati anche in alcuni vini rossi dopo la conservazione a temperature elevate (Sommer & Tondini, 2021).