CULTURA E SOCIETÀ Cultura, territorio, scienza e conoscenza come antidoto a qualsiasi crisi Di EMILIANO GUCCI Dal palco di un innovativo festival trevigiano, Luigi Moio e Mike Veseth (tra gli altri) lancianoottimi spunti per affrontare il presente Il Consorzio di Tutela Conegliano Valdobbiadene Prosecco DOCG ha trasformato il suo evento annuale Vino in Villa in un nuovo festival denominato Co(u)ltura, prima edizione svoltasi lo scorso maggio nella sontuosa cornice del castello San Salvatore, a Susegana, con splendidi affacci sulle colline vitate già Patrimonio dell’Umanità per Unesco. Festival unico nel suo genere, si dice primo in Italia e probabilmente in Europa ad accostare, fin negli intenti, il mondo del vino a quello della letteratura, quindi a convocare quegli autori che proprio al vino dedicano i loro sforzi letterari affinché possano condividerli con il pubblico. Non mancano i consueti banchi d’assaggio, non mancano le nuove annate proposte da oltre 30 aziende del territorio e non mancano momenti di degustazione, si vedano le masterclass tematiche sotto la guida di professionisti competenti; a ciò si abbina l’appuntamento con la sola parola, attesa e ascoltata, letta, scambiata e riproposta al confronto collettivo. Un programma vario e articolato che ha visto sollecitato su pregiudizi e false credenze in viticultura, discernere sullo stato di salute dei vini e di chi li giudica, dialogare con sull’origine delle Denominazioni; con , docente di marketing, si è parlato degli strumenti per affrontare il mercato del futuro mentre ha tratteggiato nuovi modelli d’impresa, muovendo da una rara esperienza di attività famigliare sostenuta dalla finanza e dall’investimento di piccoli risparmiatori. Attilio Scienza Daniele “DoctorWine” Cernilli Gad Lerner Alberto Grandi Slwaska Scarso Sandro “Mr. Amarone” Boscaini LUIGI MOIO: IL CAMBIAMENTO CLIMATICO COME LA CRISI FILLOSSERICA È toccato ad direttore di Civiltà del Bere, incalzare partendo dagli argomenti caldi per la sua presidenza OIV (Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino), all’interno di un incontro denominato “Apollineo e Dionisiaco: il vino tra piacere e ragione”. Parlando di cambiamento climatico si è ripreso un inciso di Attilio Scienza, enunciato la mattina stessa, stando al quale ben presto, se nulla cambia, in alcune zone non sarà più possibile coltivare la vite. Si è fatto appello alla ricerca, all’unità di intenti, all’interazione di diverse competenze al fine di evitare il dramma che la viticoltura non può permettersi: guai privarsi dei luoghi storici, quelli storicamente più vocati, guai accettare l’idea che possano essere sostituiti. La sostenibilità e il rispetto dell’ambiente sono elementi dai quali non si prescinde, diventeranno normalità ma non saranno sufficienti; il tema, secondo Moio, è affrontato spesso con superficialità, mentre la sciagura che porta in dote e la velocità con cui va compiendosi è «equiparabile a quella della fillossera» per i secoli scorsi. Di riflesso, rapide e precise devono essere le risposte, condivisi i protocolli di intervento. L’ultimo libro da lui pubblicato per Mondadori, Il respiro del vino, è stato un pretesto per decantare la specificità di questo nettare, in riferimento all’annoso dibattito sull’alcol, che lo vede equiparato ad altre bevande alcoliche e superalcoliche. Ripartire dalla cultura, dalla conoscenza, vino come prodotto monoingrediente, dato da un solo frutto, l’uva, che in sé ha quanto serve per la sua bontà, la sua salubrità; un buon vino «nasce da un perfetta sintonia tra pianta, suolo, clima», quando un grappolo è espressione di questo equilibrio «l’enologo può fare un passo indietro» e diviene un mero assistente incaricato di evitare contaminazioni nel processo di vinificazione. Nei grandi vini di terroir ogni intervento di cantina è paradossalmente correttivo, nulla più, quindi sintomo di una piccola o grande fallanza in tale equilibrio. È per natura che il vino inizia a comunicare le sue peculiarità fin dagli odori, «diventando ambasciatore del territorio e paradigma della diversità: infiniti vini a raccontare infiniti territori, vini che ci fanno sognare, viaggiare in un mondo altrimenti omologato». Ecco secondo Moio le più sostanziali e immediate differenze rispetto ad altre bevande alcoliche, ecco perché non si può generalizzare né delegittimare il vino al loro pari: nel vino l’alcol è molecola naturale, autogena, fondamentale ma non centrale, coadiuvata da innumerevoli altre molecole. Si parta dunque dal racconto, da un processo educativo che rimetta al centro la scuola e la famiglia, anche nel senso della buona tavola, che vada a indicare l’unica strada possibile per chi ama il vino: bere consapevolmente, coscienti della bontà nel bicchiere ma anche dello straordinario bagaglio culturale che rappresenta; non per strafare, non per sballarsi, poiché non è quella la sua natura. Alessandro Torcoli, Luigi Moio WINE WARS: L’ECONOMIA DEL FUTURO DALLA GLOBALIZZAZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ Su alcuni di questi temi si è tornati con , per molti noto come The Wine Economist (dal nome della sua newsletter), professore emerito di economia politica internazionale presso l’Università di Puget Sound a Tacoma, Washington, indomito studioso di mercati globali e autore (tra gli altri) dei volumi Wine Wars (al momento due, usciti rispettivamente nel 2011 e nel 2022). Intervistato dalla preparatissima , giornalista e critica dal profilo internazionale, le prime risposte di Veseth sono state domande: vi state ponendo i giusti interrogativi parlando del futuro del vino? E da qui, in ordine sparso, ha sciorinato una serie di stimoli buoni per allargare e affondare lo sguardo, inquadrare le problematiche senza ansietà ma con la giusta attenzione e sotto una luce diversa. Si è detto che la globalizzazione ha innalzato il tenore delle opportunità e della concorrenza «mai come in questa epoca». Si è toccato il punto della «sostenibilità della sostenibilità», laddove sarebbe assurdo edificare un modello di vitivinicultura tollerabile per l’ambiente ma non per l’economia dell’uomo. Si è diviso le matrici delle grandi crisi in tre blocchi, ambientale, identitario ed economico, laddove è consono osservare il corso di una linea che nel tempo oscilla tra alti e bassi, tocca vertici e sprofonda in picchi drammatici. Si parla di «decennio perso» guardando al 2008/2018, laddove crebbe soltanto il mercato cinese, si analizza il successivo colpo inferto dal Covid che al contempo «ha richiesto un cambiamento, una riorganizzazione strutturale». Si osserva come il mercato, a partire dal piccolo consumatore, in tempi di burrasca guardi ai grandi brand e al marchio forte come a un porto sicuro, affidandosi, ancora, alla qualità e al territorio (con un divertente gioco di parola si parla di «vendetta dei terroiristi»), al vino come cultura quando i suoi luoghi di origine sono per l’appunto storia, tradizione, patrimonio di sapienza e conoscenze applicate. E più volte si ripete la parola «identità» quale antidoto all’omologazione e all’inquietante possibilità (il tema torna) di ridurre il vino al solo concetto di alcol: non è quella la strada e ciascun operatore di settore, qualunque sia il suo segmento di impiego, deve essere disposto a battersi per dimostrarlo. Mike Veseth Susan Gordon Da sinistra: Alessandro Torcoli, Elvira Bortolomiol Presidente del Consorzio Prosecco Superiore Conegliano Valdobbiadene, Mike Veseth, Susan Gordon