CULTURA E SOCIETÀ

La piantata ultracentenaria di Vernazola per i vini di domani STORIA DI COPERTINA di MONICA MASSA

Gianmarco Guarise oltre a essere un fotografo professionista è uno dei soci fondatori diG.R.A.S.P.O. e il custode della piantata storica di Vernazola in copertina, un vitigno a rischiodi estinzione che è stato recuperato come tanti altri grazie all’Associazione

Non si può non rimanere colpiti dall’entusiasmo e dall’energia di Aldo Lorenzoni e Luigino Bertolazzi, soci fondatori insieme a Gianmarco Guarise e altri enologi loro amici dell’Associazione G.R.A.S.P.O. ovvero Gruppo di Ricerca Ampelografica per la Salvaguardia e la Preservazione dell’Originalità e biodiversità viticola. L’idea di Aldo, dal 2020 teoricamente in pensione dopo più di venti anni dedicati alla tutela dei vini veneti delle DOC Soave e Recioto di Soave, Lessini Durello, Arcole e Merlara, nasce dalla constatazione che, accanto alla ricerca di vitigni resistenti in un’ottica di contrasto al cambiamento climatico e di sostenibilità, occorresse fare ricerca su varietà autoctone, antiche e a rischio estinzione per accertarne le potenzialità enologiche, sia in purezza che in supporto ai vitigni storici. Gli obiettivi dell’Associazione, stabiliti dallo Statuto, ben definiscono la volontà non solo di preservare i vecchi vitigni ma di renderli patrimonio di biodiversità da cui attingere in un contesto produttivo che spesso purtroppo è omologato, e riconoscendo a chi ne porta testimonianza e li ha conservati il ruolo di “custode”. Il progetto intende evidenziare il legame che esiste tra il vitigno, il territorio di appartenenza e l’uomo e ha uno scopo preciso che non è di mera catalogazione ma di ricerca e studio delle varietà che sul mercato potrebbero affiancarsi a quelle storiche nella produzione dei vini del futuro, con una forte impronta territoriale e quindi rappresentativi dell’unicità dei luoghi a cui appartengono. Per questo l’attività di ricerca di G.R.A.S.P.O., raccontata nel libro uscito pochi mesi fa “La biodiversità viticola, i custodi, i vitigni, i vini” si è avvalsa della collaborazione di cantine, vivai ed enti di ricerca, perché lo scopo è quello di ottenere dai vitigni ritrovati microvinificazioni in grado di stabilire l’idoneità o meno delle uve a una produzione destinata al mercato. Dal 2020 ad oggi G.R.A.S.P.O. ha percorso 25.000 chilometri allargando la sua attività dapprima circoscritta in Veneto anche ad altri areali (Friuli, Trentino, Sicilia, Piemonte, Toscana), ha eseguito 250 prelievi di materiale vegetale con 150 analisi del DNA per stabilire l’identità dei vitigni, scoprendo ad oggi 10 nuove varietà di uva da vino e realizzando, solo nell’ultima vendemmia, più di 60 microvinificazioni. È stato proprio durante il peregrinare di Aldo Lorenzoni alla scoperta di vitigni a rischio di estinzione e dei loro “custodi” che Gianmarco Guarise venne in contatto per la prima volta con G.R.A.S.P.O. Gianmarco è titolare da più di trent’anni di uno studio fotografico a Borgo Veneto (PD) e oltre al lavoro si è sempre dedicato alla grande passione che gli ha trasmesso il nonno: fare il vino dalla “bina” la pianta ultracentenaria lunga 90 metri e maritata coi salici che si trova all’ingresso della casa che lo ha visto nascere, nel centro del paese di Urbana (PD) e dove abita tuttora. Ho incontrato Gianmarco in Piemonte a Racconigi (CN), a una delle presentazioni del libro “La biodiversità viticola, i custodi, i vitigni, i vini” di cui è co-autore con Aldo Lorenzoni, Luigino Bertolazzi e Giuseppe Carcereri a cui è seguita la degustazione “impossibile” dei vini ottenuti dalle microvinificazioni di alcuni dei vitigni recuperati, con risultati per la maggior parte interessanti, anche come base spumante. Gianmarco è il fotografo ufficiale dell’associazione ed è suo lo scatto per la copertina del libro uscito a marzo 2023 che immortala la piantata storica di Vernazola, di cui è proprietario. “Sono entrato a far parte dell’associazione perché Aldo e Luigino, che ne sono presidente e vicepresidente, tre anni fa, all’inizio dell’attività di G.R.A.S.P.O., vennero a casa mia per vedere la mia piantata durante la manifestazione di vini che si svolge ogni anno a Montagnana (PD) città murata storica.” Mi dice anche con un po’ di commozione Gianmarco. “In realtà Aldo ne aveva già sentito parlare della piantata a casa mia a Urbana perché conosce bene il territorio dei Colli Euganei e inoltre all’epoca era Direttore del Consorzio di Tutela dei vini Merlara DOC (in cui rientra anche il comune di Montagnana, ndr).“ Prima della visita degli Indiana Jones delle vigne (così Anna Schneider definisce affettuosamente Lorenzoni e Bertolazzi), già un’altra realtà aveva mostrato interesse per la piantata storica di Gianmarco. La piccola cooperativa “La Rabiosa” di Casale di Scodosia (PD), specializzata in coltivazioni biologiche e impegnata in campo viticolo nel recupero della Vernazola, un vitigno storico per il territorio, aveva prelevato materiale per fare le marze per un vigneto nuovo di Vernazola. Ora il vigneto è in produzione e con le uve si produce un vino che risulta fresco, immediato, di pronta beva e che si presta bene anche alla spumantizzazione, sia in autoclave che in bottiglia. Chiedo a Gianmarco a quando risale la piantata: “Si tratta di una piantata ultracentenaria, non siamo riusciti a individuare l’anno esatto di impianto perché non c’è nulla di scritto. Posso solo ipotizzare che essendo stato mio nonno del 1868, sia stato lui a piantarla. In realtà so che vicino ce ne erano anche altre che sono però state tolte, sia perché il territorio è stato urbanizzato, sia perché con il passaggio a una vitivinicoltura più da reddito che di sussistenza il sistema di allevamento tradizionale della piantata venne sostituito con la spalliera. La piantata che è rimasta è parte integrante del paesaggio, in centro al paese, davanti alla casa di famiglia, utilizzata per dare ombra come un viale e per la produzione di vino a uso e consumo famigliare. Io ho voluto continuare la tradizione di famiglia perché mi sono appassionato alla vigna, un hobby piacevole e rilassante per cui accanto alla professione di fotografo ho portato avanti la tradizione di fare il vino come lo facevano mio papà e mio nonno, senza i lieviti selezionati e seguendo i cicli lunari. La produzione è sempre superiore alle aspettative perché le viti pur essendo vecchie garantiscono ancora una buona resa, in media dai 10 ai 12 quintali di uva. La vendemmia è vissuta sempre come una festa e al contempo vuole essere una rievocazione della tradizione, vissuta e testimoniata con gli abiti e i trattori d’epoca (anni ‘60 del XX secolo). A Gianmarco piace sperimentare, per cui la vinificazione la fa in damigiana ma ora ha provato anche a imbottigliare. “Faccio qualche centinaia di bottiglie per gli amici, in questo modo ho garantito uno storico per la degustazione della Vernazola ancora prima delle microvinificazioni fatte da G.R.A.S.P.O.. Un vino da bere giovane e che si presta bene alla spumantizzazione. È un vino che non supera i 12 gradi per cui un tempo era utilizzato come bevanda da portare al lavoro nei campi, ad esempio quando si andava a zappare il mais.” Non si può non intravedere in questo la conferma dello stretto legame tra la storia di un vitigno e quella del suo territorio con il suo capitale umano. E proprio per questo uno dei tanti meriti di G.R.A.S.P.O. che emerge dalla lettura del testo è di recuperare i vitigni antichi e minori non per farne una collezione ma come oggetto “culturale” protagonista dello sviluppo agricolo ed economico della popolazione che li ha allevati.