Le condizioni di stress legate all’eccesso di temperatura e di radiazione sono oggetto di studio e di approfondimento da parte di molti gruppi di ricerca di tutto il mondo. L’obiettivo è da un lato comprendere sempre meglio quale sia la risposta della pianta nei casi in cui il calore o la luce superino una soglia di rischio per il regolare svolgimento dei processi metabolici che avvengono nelle foglie e nell’acino, e dall’altro individuare le tecniche più adatte a prevenire i danni più comuni, come le scottature o la disidratazione che si possono osservare sui grappoli esposti.
In modo simile a quanto facciamo quando ci proteggiamo sotto l’ombrellone, in presenza di una radiazione luminosa eccessiva è possibile ridurre l’esposizione dei grappoli dando loro una più o meno parziale copertura di ombreggiamento, con la scelta di una distribuzione della canopy più adatta o con l’uso delle reti ombreggianti. Per capire cosa succede nelle cellule della buccia e della polpa quando, per effetto di diversi sistemi di ombreggiamento, arrivano quantità variabili di radiazione solare e di calore, abbiamo chiesto spiegazioni ad Aaron Fait, professore e ricercatore della Ben Gurion University in Israele, che ha insediato i suoi laboratori di fisiologia vegetale e svolge le sue ricerche nel deserto del Negev (vedi box), senza dubbio l’ambiente più estremo per la viticoltura e al tempo stesso quello più adatto dove testare nuove soluzioni alle condizioni di stress.