DALLA RICERCA Due passi nella Scienza A cura di ALESSANDRA BIONDI BARTOLINI Zuccheri nel dosaggio dei vini spumanti e reazione di Maillard Sebbene sia stata descritta prevalentemente in fenomeni che prevedono l’esposizione a temperature elevate, la reazione di Maillard, il processo non enzimatico legato all’interazione tra zuccheri riduttori e proteine o amminoacidi, avviene anche a temperature basse, quando il contatto tra i reagenti dispone di tempi lunghi o molto lunghi. È questo il caso della maturazione in bottiglia dei vini spumanti prodotti con metodo classico nei quali sono stati descritti i prodotti di questo processo, in grado di conferire note caratteristiche di caramello, nocciola o crosta di pane. Uno studio realizzato da un team di ricercatori canadesi, australiani e inglesi, ha analizzato l’impatto del tempo di stoccaggio in bottiglia e degli zuccheri utilizzati nella fase del dosaggio della liqueur d’expedition, sulla formazione dei composti associati alla reazione di Maillard. I risultati hanno evidenziato il consumo degli amminoacidi rilasciati dalla lisi del lievito, come l’alanina e la glicina, e la contemporanea evoluzione dei prodotti associati alla reazione di Maillard come la benzaldeide, che cresce, o l’etil 4 mercaptoetanolo, che al contrario diminuisce. L’analisi statistica PLS ha poi permesso di verificare che nelle condizioni di temperatura costante di 14°C e al pH dei vini spumanti, il tempo di invecchiamento in bottiglia ha un impatto superiore rispetto al tipo di zucchero utilizzato nella liqueur (glucosio, fruttosio, saccarosio da canna o da barbabietola o MCR). Articolo originale: Charnock, H., Pickering, G., & Kemp, B. (2023). The impact of dosage sugar-type and aging on Maillard reactionassociated products in traditional method sparkling wines: This article is published in cooperation with IVAS 2022 (In Vino Analytica Scientia conference), 3-7 July 2022, Neustadt, Germany. OENO One, 57(2), 303–322. oeno-one.eu/article/view/7370 Dallo studio dell’epigenetica nuove leve per la risposta alla crisi climatica in vigneto Le condizioni ambientali, gli stress biotici e abiotici e anche il caso, possono portare a una serie di alterazioni e cambiamenti nell’espressione dei geni e nella variazione del fenotipo. Si tratta di fenomeni che avvengono senza che la sequenza del DNA sia modificata e tuttavia sono trasmissibili tra le cellule ed ereditabili di generazione in generazione. Per questi, la cui scoperta è molto recente e le cui potenziali applicazioni nel miglioramento genetico della vite lo sono ancora di più, si parla di epigenetica e di memoria epigenetica delle cellule. La variabilità fenotipica delle varietà e dei cloni sono cioè spiegabili solo in parte dalle informazioni legate alla sequenza genica e al polimorfismo del DNA, mentre sarebbero dovute anche a una variabilità nascosta e più difficile da indagare, indotta nelle cellule da stimoli di diversa natura e legata alla struttura degli istoni e della cromatina, le proteine associate ai cromosomi, e alla metilazione del DNA. Nelle colture come la vite, innestate e propagate per via agamica dei cloni e di conseguenza caratterizzate da una variabilità genetica di per sé ridotta, le variazioni epigenetiche possono costituire una fonte aggiuntiva di variabilità fenotipica, inducibile in modo diverso e più o meno specifico e sfruttabile anche in associazione alle tecniche di editing genetico. La review di Margot Berger et al., presentata nel recente convegno GIESCO ad Ithaca nello Stato di NY negli USA, presenta lo stato dell’arte delle conoscenze sulla memoria e la variabilità epigenetica nella vite e illustra le potenziali applicazioni nelle strategie di adattamento delle piante alle condizioni di stress biotico e abiotico legate al Climate Change. Articolo originale: Berger, M. M. J., Stammitti, L. ., Carrillo, N. ., Blancquaert, E. ., Rubio, B., Teyssier, E., & Gallusci, P. (2023). Epigenetics: an innovative lever for grapevine breeding in times of climatic changes: This article is published in cooperation with the 22nd GiESCO International Meeting, hosted by Cornell University in Ithaca, NY, July 17-21, 2023. OENO One, 57(2), 265–282. oeno-one.eu/article/view/7405 Tutti i responsabili del difetto di topo nei vini Il difetto di topo, in inglese mousy taint, è legato alla produzione di origine biologica di composti azotati eterociclici, percepibili e molto persistenti soprattutto per via retronasale. Negli ultimi anni la sua comparsa e la conseguente perdita di qualità e di valore dei vini sembrano essere in aumento e le cause possono ricercarsi nella riduzione delle dosi di anidride solforosa utilizzate, l’incremento del pH dei mosti e dei vini e la scelta più frequente della fermentazione spontanea. Per anni Brettanomyces bruxellensis è stato ritenuto il principale responsabile della comparsa di questo difetto ma ulteriori studi hanno messo in evidenza come anche altri microrganismi come L. hilgardii e Levilactobacillus brevis, oltre che lo stesso Oenococcus oeni, siano in grado di produrre livelli diversi dei tre principali N-eterocicli odorosi, 2-ethiltetraidropiridina (ETHP), 2-acetiltetraidropiridina (ATHP) e 2-acetilpirrolina (APY). Analizzando venticinque vini francesi prodotti senza l’aggiunta di solfiti e descritti da un panel addestrato come mousy, un team di ricerca dell’Università di Bordeaux ha isolato i microrganismi, lieviti e batteri, presenti, caratterizzandoli per la capacità di produrre le tre molecole responsabili del difetto. Tra le specie presenti, tre erano in grado di produrre i composti con carattere di topo, Brettanomyces bruxellensis, Oenococcus oeni e Lentilactobacillus hilgardii. Estendendo l’indagine a un numero maggiore di ceppi degli stessi tre microrganismi presenti nelle collezioni, i ricercatori francesi hanno evidenziato come i livelli e i rapporti tra i tre composti eterociclici presentino un’ampia variabilità sia tra le specie sia tra i ceppi della stessa specie. Articolo originale: Moulis, P., Miot-Sertier, C., Cordazzo, L., Claisse, O., Franc, C., Riquier, L., Albertin, W., Marchand, S., De Revel, G., Rauhut, D., & Ballestra, P. (2023). Which microorganisms contribute to mousy off-flavour in our wines?. OENO One, 57(2), 177–187. oeno-one.eu/article/view/7481