VITICOLTURA

Ha vinto il cinghiale

La sovrappopolazione degli ungulati in molte zone continua a preoccupare gli agricoltori, e al vecchio problema si è aggiunta l’epidemia di peste suina

di MAURIZIO GILY

Nel 2010 pubblicai un editoriale per Millevigne, di cui all’epoca ero direttore, intitolato “Vincerà il cinghiale?”
Ne riporto alcuni passaggi: “Non si contano più le segnalazioni di danni alle produzioni agricole da parte della fauna selvatica. Siamo ormai ben oltre il danno occasionale. Nelle zone agricole ad alto tasso di abbandono, cioè quasi tutta la montagna e la collina italiana, ma non solo in quelle, la situazione è ormai insostenibile. (…)
I cinghiali trionfano dalle Alpi ai Nebrodi scorrazzando tranquillamente per le pianure e le strade statali, con grave rischio per gli automobilisti (si contano purtroppo decine di morti negli ultimi anni) e pesantissimi danni ai raccolti.” In quattordici anni non è cambiato granché, anzi i cinghiali ormai scorrazzano indisturbati nei sobborghi cittadini: a Genova, a Torino e soprattutto a Roma, dove grazie alla cattiva gestione dei rifiuti le famigliole di cinghiali fanno ormai parte del paesaggio urbano delle periferie. L’arrivo della peste suina nelle zone appenniniche e collinari tra Piemonte e Liguria ha trasformato il problema in disastro, con l’abbattimento di migliaia di suini sani negli allevamenti. E calando una pietra tombale su diverse promettenti esperienze di gestione di territori marginali e improduttivi con l’allevamento semibrado del maiale.
Per la viticoltura caprioli e cervi rappresentano un flagello ancor peggiore giacché si nutrono dei giovani germogli. Mentre la politica non sembra aver finora trovato soluzioni convincenti per arginare il problema (precisando che non si tratta di sterminare una specie, ma di contenere le popolazioni entro limiti compatibili con la presenza e l’attività umana), un aiuto è arrivato dal ritorno dei predatori, in particolare il lupo. In Toscana diversi viticoltori riferiscono di un netto calo dei danni da ungulati grazie all’aumento dei lupi. Ovviamente la questione ha due facce visto che i predatori non sono così selettivi, anzi prediligono le prede più facili e meno agili nella fuga, come pecore e galline, senza escludere neppure qualche rischio per l’uomo, come si è visto in Trentino con il ritorno dell’orso. La gestione della fauna selvatica deve contemperare le esigenze dell’uomo con quelle della tutela dell’ambiente e della biodiversità, e questo la rende estremamente complessa.

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