Vini bianchi e pinking: il rosa che non ti aspetti
Il fenomeno del pinking dei vini bianchi è legato a meccanismi complessi e non del tutto conosciuti. L’ossidazione c’entra ma c’è di più: Daniela Fracassetti dell’Università di Milano ci aiuta a capire i fenomeni coinvolti nella manifestazione di questo difetto
di SARA BARACCHI
Con il termine “pinking” si definisce un fenomeno ossidativo che può manifestarsi nei vini o alcune volte anche nei mosti, ottenuti da cultivar a bacca bianca. Tale fenomeno porta a una variazione di colore, che passa dal giallo a una tonalità rosa-salmone, che può evolvere fino all’imbrunimento. La comparsa del pinking nei vini bianchi è legata al vitigno; ad esempio i vini ottenuti dalle varietà Sauvignon blanc, Chardonnay, Grillo, Catarratto e Riesling risultano essere più suscettibili. Tale cambiamento di colore può verificarsi principalmente quando viene applicata una vinificazione in riduzione. Il pinking può manifestarsi anche nel vino bianco già imbottigliato, nel caso in cui il vino sia esposto occasionalmente all’ossigeno, ad esempio durante o dopo l’imbottigliamento. Altre possibili cause sembrano essere la sovra-maturazione delle uve, la loro eccessiva pressatura, la scelta del lievito per la fermentazione alcolica. Anche una maggiore concentrazione fenolica, nonché la presenza di metalli di transizione, come ferro e rame, potrebbero influenzare il fenomeno del pinking. In generale però, l’esatto meccanismo coinvolto nella formazione di questo difetto non è ancora del tutto noto. Per aiutarci a fare luce sulle ultime ricerche svolte, intervistiamo Daniela Fracassetti, docente di chimica enologica ed enologia del Dipartimento di Scienze per gli Alimenti, la Nutrizione e l’Ambiente dell’Università degli Studi di Milano.