Quali sono i composti responsabili del pinking e che ruolo hanno l’ossigeno e i metalli nella sua formazione?
D.F. Questo fenomeno fino ad oggi non è stato completamente chiarito anche se, senza dubbio, l’ossigeno gioca un ruolo di primaria importanza per la formazione del pinking. Sono stati proposti diversi meccanismi che sembrano essere responsabili, ma quale tra questi sia il predominante a oggi non è conosciuto. Tra le condizioni che determinano la comparsa del difetto, dal punto di vista chimico possiamo includere:

  • la bassa concentrazione (0,3 mg/L) di antociani, nello specifico di malvidina-3-glucoside;
  • la lenta disidratazione delle leucoantocianidine;
  • la polimerizzazione degli antociani in condizioni ossidative;
  • la combinazione di più di dieci differenti monomeri e composti polimerici di natura fenolica (i.e. dimeri, trimeri);
  • la formazione di un derivato del Grape Reaction Product (noto come GRP), l’acido 2-S-glutationil caftarico, che si ottiene dalla reazione tra il glutatione e il chinone (la forma ossidata) dell’acido caftarico.
    Il fenomeno è talmente complesso che limitare la formazione del pinking a una sola di queste modalità rappresenta un limite; probabilmente più di uno di questi meccanismi possono avvenire contemporaneamente.
    In merito ai metalli di transizione, è ben nota la loro capacità di catalizzare le reazioni di ossidazione con formazione di chinoni e acqua ossigenata.
    È plausibile che tutte le condizioni che possono favorire l’ossidazione dei fenoli, possano far insorgere il problema.
    Si pensi al test di laboratorio che è stato proposto per valutare la suscettibilità di un vino al pinking: esso consiste nell’aggiunta di acqua ossigenata, un forte ossidante. Tale protocollo prevede, quindi, che il vino venga mantenuto in una condizione ossidativa, che determinerebbe molteplici ossidazioni potenzialmente coinvolte in questo difetto.
    Tuttavia, quando si esegue una vinificazione in riduzione, un contatto con l’ossigeno, seppur piccolo, che può avvenire ad esempio nelle fasi dell’imbottigliamento, potrebbe essere sufficiente per la manifestazione del difetto.

Sappiamo che avete recentemente realizzato uno studio sull’argomento, che ha portato all’individuazione di un nuovo meccanismo di formazione del fenomeno, che cosa avete riscontrato?
D.F. La ricerca in questione è stata realizzata in una condizione di laboratorio, valutando la formazione della colorazione rosa in una soluzione di vino modello.
Abbiamo analizzato l’influenza di alcuni composti fenolici, quali la catechina e l’acido caffeico (rappresentanti dei flavan-3-oli e degli acidi idrossicinnamici rispettivamente), in presenza di metalli di transizione - nello specifico abbiamo testato l’effetto del rame - e di alcuni composti solforati tra cui cisteina, glutatione e mercaptoetanolo (quest’ultimo, come rappresentante delle molecole solforate a basso peso molecolare). In tutti i casi abbiamo ottenuto una condizione ossidativa mediante l’aggiunta di un fenolo ossidato (un chinone).
Abbiamo osservato che tra le molecole principalmente coinvolte nella formazione del difetto rientrano i flavan-3-oli tra i composti fenolici, e la cisteina tra i composti solforati. In merito al rame, abbiamo evidenziato che la sua presenza ha portato a una variazione del colore verso una tonalità più aranciata, mentre la sua assenza ha mostrato la colorazione rosata associata al difetto. Per quanto concerne il glutatione, occorre tener presente che durante la conservazione esso può andare comunque incontro a fenomeni di degradazione, liberando cisteina.
Quindi, seppur indirettamente, il glutatione potrebbe essere coinvolto nella manifestazione dell’anomalia di colore.
Pertanto, tutto ciò ci ha fatto ipotizzare un sesto meccanismo - rispetto ai cinque menzionati precedentemente – in cui avviene una reazione tra i composti solforati (più efficiente con la cisteina) e i flavan-3-oli. La questione interessante è che abbiamo valutato la condizione ossidativa mediante l’aggiunta di un fenolo ossidato (un chinone).
La formazione dei chinoni è favorita dalla presenza di ossigeno, ma può avvenire nei vini anche in assenza di ossigeno, seppur più lentamente. L’altro aspetto degno di nota è che l’aggiunta di un chinone ha provocato un effetto ancor più marcato quando avviene in condizioni anossiche.
Un altro punto rilevante emerso da questo studio è che nella formazione del pinking potrebbero essere coinvolti i composti solforati noti per la loro capacità antiossidante. Non da ultimo, non è possibile escludere che anche altri composti solforati, ad esempio i tioli aromatici, possano portare a queste variazioni di colore.

Figura 1. Formazione del pinking in presenza di acido caffeico e concentrazioni crescenti di composti solforati (cisteina, glutatione e mercaptoetanolo) in cui si denota la predominante colorazione aranciata
Figura 1. Formazione del pinking in presenza di acido caffeico e concentrazioni crescenti di composti solforati (cisteina, glutatione e mercaptoetanolo) in cui si denota la predominante colorazione aranciata