L’ uso della bentonite è il metodo più utilizzato per rendere stabili i vini e prevenire gli intorbidamenti proteici. Tuttavia si stanno studiando e
valutando molte altre tecniche, prodotti e trattamenti fisici
Il contenuto proteico totale non rappresenta un corretto indicatore della stabilità proteica di un vino a causa dell’influenza di diversi componenti
presenti nella matrice. Inoltre l’analisi della concentrazione proteica non è facile da determinare in cantina. Per questo
la stabilità proteica di un vino viene normalmente valutata mediante test predittivi, misurando la sua reattività a un trattamento
destabilizzante. La denaturazione, e quindi la precipitazione delle proteine, viene cosi “forzata” mediante metodi chimici o fisici, ad esempio con
l’utilizzo di temperature elevate o con l’aggiunta di acidi, di etanolo o di tannini. Ovviamente, nessun test potrà mai riprodurre perfettamente il
fenomeno naturale, rischiando a volte di sovrastimare il livello di instabilità. D’altra parte è necessario utilizzare un test che consenta di fornire una
risposta in tempi brevi, allo scopo di prendere velocemente decisioni sugli eventuali trattamenti di stabilizzazione. Sulla base dell’esperienza
acquisita, e di un proprio archivio di dati ottenuti vendemmia dopo vendemmia, l’enologo potrà interpretare al meglio i risultati ottenuti dai test,
adottando di conseguenza un protocollo di intervento adeguato. Tra i vari test disponibili, il test a caldo sembra essere il più appropriato in quanto
consente di ottenere precipitati proteici con composizione chimica simile a quelli ottenibili naturalmente.