IMPARARE DALLE CRISI CON L’AIUTO DEGLI ESPERTI: LEGGERE IL PRESENTE PER PROGETTARE IL FUTURO DELL’ENOLOGIA E DELLA QUALITÀ DEI VINI A cura di Alessandra Biondi Bartolini Da più di trent’anni su questa pubblicazione si parla di qualità delle uve, precisando sempre che la valutazione dell’annata e del risultato viticolo non necessariamente equivalgono al risultato che, mesi o addirittura anni dopo, sperimenteremo nel bicchiere. In tutto questo tempo però anche in cantina sono cambiate tante cose. È cambiata sicuramente la materia prima, sia per l’intervento di una crisi climatica sempre più imprevedibile, sia per l’evoluzione della tecnica viticola, ma anche l’enologia si è evoluta nelle tecniche e nell’approccio alla qualità, che da correttivo è divenuto di crescente rispetto dell’espressione dell’uva e del territorio. Sono migliorati i livelli di competenza e di conoscenza tecnica e scientifica relativi ai processi e ai fenomeni di trasformazione dell’uva in vino, e non ultimi sono cambiati gli stili e le preferenze dei consumatori. Quello del 1992 insomma, anno della prima edizione dell’Annata Vitivinicola, per chi operava nei vigneti e nelle cantine piemontesi era un mondo completamente diverso da quello di oggi. È per questo che in questa edizione abbiamo deciso di parlare di enologia e di interpretazione delle diverse annate, ma anche di strumenti, di scienza e di prospettive. Partiremo dalla vendemmia appena conclusa. Ma non scriveremo come talvolta si legge che “l’annata è stata difficile ma la qualità sarà eccellente”, non perché non confidiamo nella capacità delle nostre cantine e dei nostri enologi ed enologhe, ma perché tra il momento della raccolta, nel quale possiamo avere ben precisi i parametri e la fotografia del percorso viticolo e della qualità delle uve, e la data nella quale il vino sarà pronto per il mercato, vi sono una serie di processi e di scelte di tecnica e di stile che ancora devono avvenire. E anche perché, per quanto attenta ed evoluta, la tecnica enologica non fa miracoli e la qualità della materia prima, che i viticoltori perseguono da decenni con sempre maggiore attenzione, resta il requisito principale per fare ottimi vini. Disconoscerlo e pensare che la qualità che non si è ottenuta in vigneto potrà essere recuperata in cantina significherebbe vanificare i loro sforzi. Non è un caso quindi, come leggeremo anche nelle parole degli esperti, che per tutti, enologi e ricercatori, al primo posto tra gli strumenti necessari per gestire nel modo più adatto i processi di vinificazione, c’è sempre la conoscenza delle uve e la scelta dei parametri e dei metodi più adatti per caratterizzarle. Ad aiutarci a capire come ci si destreggia in cantina tra annate molto diverse come sono state quelle degli ultimi anni, abbiamo coinvolto tre enologi piemontesi: . Per discutere di quali strumenti e conoscenze permetteranno in futuro di affrontare il cambiamento e gli obiettivi di sostenibilità anche in cantina, ci siamo invece rivolti a due ricercatori di spessore internazionale, come . Enzo Gerbi della Cantina Sociale Barbera dei Sei Castelli, Andrea Pancotti dei Produttori del Gavi e Stefano Pesci della Cantina Terre del Barolo Luca Rolle del DISAFA dell’Università di Torino e Antonella Bosso del CREA Viticoltura ed Enologia di Asti L’ATTESA DELLA RACCOLTA CON LO SGUARDO AL VIGNETO Dell’andamento meteo e delle difficoltà che questo ha comportato sul ciclo vegetativo e su quello produttivo della vite si è già scritto molto nelle pagine precedenti. C’è da dire ancora che anche in cantina lo sguardo e le preoccupazioni sono state tutte rivolte prima alla maturazione, che sembrava non procedere, e successivamente al rischio legato ai marciumi del grappolo. “Siamo arrivati ad agosto con un grado di maturazione inferiore rispetto alle annate precedenti” racconta “con la paura di dover andare troppo oltre con la raccolta nel mese di settembre e fino al mese di ottobre, perché qui, a poco più di 20 km dal mare (nella regione del Gavi n.d.r.), di solito le grosse perturbazioni arrivano i primi di ottobre. E invece ha cominciato a piovere già a settembre: il 17 settembre con previsione di dieci giorni abbastanza belli abbiamo aperto la vendemmia e il 18 eravamo già fermi a causa della pioggia. Nonostante tutto nel corso del mese il Cortese ha continuato a maturare, e anche le gradazioni basse che si presagivano all’inizio del mese sono state sufficienti e non hanno reso necessario intervenire per correggere il grado”. Per i bianchi, come il Gavi ma anche per le altre varietà, in molti casi la vendemmia è stata comunque buona (Pancotti parla di una percentuale di uve di buona qualità dell’80- 85%), sia per l’epoca di raccolta sia per le rese basse in parte dovute agli attacchi di peronospora: “Ora che la fase di vinificazione è finita, ci sono dei bei profumi; le gradazioni, per quanto non elevate, sono sufficienti per prospettare prodotti di buona qualità e anche l’acidità è stata sufficiente e non ha richiesto interventi di correzione”. Andrea Pancotti