DALLA RICERCA
Due passi nella scienza
A cura di ALESSANDRA BIONDI BARTOLINI
A cura di ALESSANDRA BIONDI BARTOLINI
La vinificazione delle uve in presenza dei raspi è una tecnica tradizionale che in alcune situazioni trovava giustificazione nella necessità di migliorare l’estrazione dei composti polifenolici in uve che non ne fossero naturalmente ricche. Nonostante si ritenga che la presenza dei raspi possa avere in alcuni casi un impatto positivo sull’andamento fermentativo, nell’enologia moderna generalmente li si allontana, soprattutto per ridurre i rischi di eccesso di astringenza e comparsa di caratteri erbacei. I ricercatori dell’Università di Verona hanno valutato l’effetto dei raspi sulla qualità dei vini quando questi vengono aggiunti nella lavorazione delle uve sottoposte ad appassimento. I risultati delle microvinificazioni condotte sulle uve rosse e bianche dell’area veronese, hanno messo in evidenza che i vini prodotti con presenza di raspi disidratati presentavano un pH più elevato, un maggior contenuto in polifenoli totali e, in alcuni casi, una gradazione alcolica inferiore. Nell’analisi dei composti volatili e nella valutazione organolettica sono state riscontrate differenze, variabili nei diversi vitigni, sia nelle componenti aromatiche di origine varietale, sia in quelle derivanti dal metabolismo dei lieviti. Al contrario il rilascio delle sostanze erbacee indesiderate, nel caso dei raspi disidratati, è stato limitato per quanto riguarda le pirazine e del tutto assente per gli alcoli a sei atomi di carbonio.