ENOLOGIA

L’effetto kokumi negli spumanti: lo studio italiano che apre nuovi scenari di ricerca

Non è un gusto ma esercita il suo impatto sulla percezione dei gusti. L’effetto kokumi è legato alla presenza di specifici oligopeptidi prodotti nelle fermentazioni e uno studio italiano pubblicato negli ultimi giorni del 2024 ha per la prima volta indagato la loro pre-senza e attività nei vini

di STEFANIA POMPELE

Sapore ricco: cosi potremmo tradurre letteralmente il termine kokumi utilizzato per descrivere sensazioni complesse come ricchezza, pienezza e persistenza, associate alla presenza di oligopeptidi bioattivi, piccole catene di amminoacidi che si formano a partire dalla degradazione delle proteine. Sono numerosi gli studi che negli ultimi decenni hanno investigato la presenza di questi composti negli alimenti, ma nessuno aveva fino a oggi dimostrato che fossero presenti anche nel vino. Ci hanno pensato Fulvio Mattivi e i suoi colleghi, con uno studio orchestrato presso il centro ricerche della Fondazione Edmund Mach.
“È l’inizio di un percorso”, commenta Mattivi, “stiamo cercando di capire cosa contribuisca alla complessità del sapore dei vini bianchi e stiamo indagando sostanze che fino a oggi non erano state prese in considerazione. Questa scoperta è importante perché sposta un concetto già noto, ma che è tipico di altri alimenti. Perché il sapore del brodo, della salsa di soia o del Parmigiano Reggiano molto stagionato è così intenso e ricco? Proprio perché queste classi di composti enfatizzano la percezione di altre componenti già presenti in questi alimenti. La novità è che appunto sono presenti in piccole quantità anche nel vino”.

Fulvio Mattivi
Fulvio Mattivi