L’EDITORIALE
Vino: un settore ricco di opportunità
di LORENZO BISCONTIN
di LORENZO BISCONTIN
Il titolo di questo articolo non è una provocazione ma è esattamente quello che ha scritto Daniel Rodriguez, Amministratore Delegato di Currently Wine Co, un paio di settimane fa in un post su Linkedin.
Un messaggio positivo che sorprende visto il pessimismo prevalente oggi nel mondo del vino, a causa del calo di consumi che ha seguito, in modo apparentemente improvviso, l’euforia post pandemia.
In realtà l’anomalia è stata proprio la ripresa verificatasi durante e immediatamente dopo il COVID, che ha temporaneamente interrotto una tendenza calante iniziata almeno 25 anni fa.
Cosa fa quindi Mr Rodriguez per dire, a ragione, che il vino è un settore ricco di opportunità? È a capo di una casa vinicola che sta lanciando sul mercato americano un Sauvignon blanc confezionato in bottiglia di alluminio e che destina parte dei profitti a progetti di ecosostenibilità.
Lo fa condividendo tutto il processo – dal concetto di prodotto fino allo sviluppo commerciale, passando per produzione e imbottigliamento – nei post che pubblica quotidianamente su Linkedin, perché tra i valori fondanti della proposta della marca c’è la totale trasparenza, concetto in contrasto con la classica immagine di mistero che caratterizza la magia della trasformazione dei grappoli d’uva in vino.
Con questa strategia è arrivato rapidamente ad avere 5.560 followers in pochi mesi e a trovarsi in diversi casi a presentare i suoi vini di fronte a buyers di grandi catene distributive americane che già conoscevano sia lui che il progetto, anzi che gli hanno dato appuntamento proprio per questo.
Nota bene: non stiamo parlando di una grande azienda, ma di una società con meno di 10 dipendenti. Quindi il vino è un settore ricco di opportunità per chi è disposto anche a innovare, ovvero a fare qualcosa di diverso da quanto fatto e detto fino a oggi.
Stiamo infatti vivendo una fase di profondo e strutturale cambiamento nei comportamenti del consumatore rispetto al vino.
Il modo in cui il settore continua a proporsi si basa ancora oggi prevalentemente sul modello della “degustazione” da parte di un consumatore “esperto” o aspirante tale.
Si tratta di un modello che ha cominciato a formarsi nei paesi tradizionali di produzione e consumo, Italia, Francia e Spagna, verso la fine degli anni ’70 del secolo scorso, per consolidarsi tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. In Italia lo spartiacque definitivo è stato lo scandalo del metanolo nel 1986. L’allargamento dei mercati di consumo a livello mondiale dagli anni ’90 del Novecento agli anni ’20 di questo secolo è avvenuto sostanzialmente tramite la diffusione di questo modello.
La scelta del vino per i nuovi consumatori in nuovi mercati senza abitudine di consumo a tale bevanda non è stata semplicemente edonistica, ma ha rappresentato l’adozione di una cultura e di una tradizione che avrebbero permesso alle persone di distinguersi come più sofisticate e cosmopolite. L’approccio didattico, nozionistico, unidirezionale dall’alto al basso e basato sulle caratteristiche del processo produttivo e del vino, creava con questi consumatori un legame emotivo.
Con il passaggio dalla società industriale a quella digitale il modello “degustativo - tradizionale”, diventato nel frattempo più monotematico, intimorente ed elitista, è entrato in crisi.
Per i nativi digitali (Millennials e Gen Z) il vino non ha più l’immagine storica di bevanda per eccellenza, ma diventa una delle opzioni all’interno di un paniere di scelte che comprende sempre più spesso bevande alcoliche (birra, spirits, cocktail ecc.) e analcoliche.
In questo nuovo contesto la strategia non può più essere solo quella di reclutare nuovi consumatori che adottino il vecchio modello, ma richiede di trovare nuove proposte di consumo. Ovvero nuovi momenti, situazioni e ragioni per bere il vino.
In un momento in cui nel vino tutto il settore si preoccupa di come affrontare il problema dell’aumento del grado alcolico conseguente al cambiamento climatico, negli USA è stata lanciata la marca XXL, una linea di vini aromatizzati con tenore alcolico del 16%. Le situazioni di consumo proposte rimandano al mondo della notte come discoteche e club e le vendite nel 2024 sono state di 24 milioni di bottiglie. Cosa impedisce di pensare a un Amarone come a una versione “luxury” dello stesso concetto?
La sfida attuale quindi è quella di riuscire a soddisfare i consumatori che seguono il modello tradizionale, che costituiscono il presente, e contemporaneamente attirare i più giovani, che giocoforza rappresentano il futuro.
In sintesi, si tratta di abbandonare il pensiero unico e abbracciare invece la diversità dei comportamenti di consumo senza pregiudizi e preconcetti.
Il settore vitivinicolo italiano, grazie ai suoi 644 vitigni registrati ed alle sue 38.000 cantine, è nella posizione di farlo meglio di chiunque altro.
Come dite? La frammentazione del settore è una debolezza? Il fatto che negli ultimi 15 anni nessun altro paese produttore abbia migliorato la sua posizione a livello globale quanto l’Italia dimostra il contrario.