ENOLOGIA

Il controllo microbiologico dei processi enologici

Quali sono le tecniche di laboratorio che rispondono all’esigenza di un attento monitoraggio per prevenire eventuali problemi o, se possibile, correggerli in corso d’opera?

di RAFFAELE GUZZON - Fondazione Edmund Mach

Il monitoraggio microbiologico, dalla fermentazione alcolica fino all’imbottigliamento, è materia di straordinaria importanza, soprattutto oggi che, vuoi per i cambiamenti compositivi di mosti e vini, vuoi per la rinnovata attenzione dei consumatori, il vino appare sempre più fragile e sensibile alle alterazioni microbiologiche. È in ogni caso importante ribadire che dal punto di vista microbiologico il vino è da considerarsi un alimento sostanzialmente sicuro, in quanto capace, per la sua peculiare composizione, di impedire lo sviluppo e l’attività dei microrganismi riconosciuti come patogeni alimentari.
Fatta eccezione per l’etanolo, i composti tossici per l’organismo umano che possono essere rintracciati nel vino e la cui origine è prettamente microbiologica, sono pochi e solitamente a concentrazioni molto basse. Inoltre, è provato che un’enologia di qualità, le buone pratiche di cantina e l’impiego di colture selezionate di lieviti e batteri, possano ridurre drasticamente il rischio di accumulo di questi composti, come ad esempio ammine biogene, micotossine ed etil carbammato. Perché, dunque, è così importante il controllo microbiologico del vino? Perché la qualità del vino, qualsiasi essa sia, si giudica in parte significativa per le caratteristiche organolettiche del vino stesso, che devono rispondere a canoni ben precisi e accettati da tutti. Lo sviluppo incontrollato dei microrganismi, utili o alterativi, può portare a pesanti deviazioni del profilo organolettico del vino, da cui l’esigenza di un attento monitoraggio per prevenire eventuali problemi o, se possibile, correggerli in corso d’opera.