Il monitoraggio microbiologico, dalla fermentazione alcolica fino all’imbottigliamento, è materia di straordinaria importanza, soprattutto oggi che, vuoi per i cambiamenti compositivi di mosti e vini, vuoi per la rinnovata attenzione dei consumatori, il vino appare sempre più fragile e sensibile alle alterazioni microbiologiche. È in ogni caso importante ribadire che dal punto di vista microbiologico il vino è da considerarsi un alimento sostanzialmente sicuro, in quanto capace, per la sua peculiare composizione, di impedire lo sviluppo e l’attività dei microrganismi riconosciuti come patogeni alimentari.
Fatta eccezione per l’etanolo, i composti tossici per l’organismo umano che possono essere rintracciati nel vino e la cui origine è prettamente microbiologica, sono pochi e solitamente a concentrazioni molto basse. Inoltre, è provato che un’enologia di qualità, le buone pratiche di cantina e l’impiego di colture selezionate di lieviti e batteri, possano ridurre drasticamente il rischio di accumulo di questi composti, come ad esempio ammine biogene, micotossine ed etil carbammato. Perché, dunque, è così importante il controllo microbiologico del vino? Perché la qualità del vino, qualsiasi essa sia, si giudica in parte significativa per le caratteristiche organolettiche del vino stesso, che devono rispondere a canoni ben precisi e accettati da tutti. Lo sviluppo incontrollato dei microrganismi, utili o alterativi, può portare a pesanti deviazioni del profilo organolettico del vino, da cui l’esigenza di un attento monitoraggio per prevenire eventuali problemi o, se possibile, correggerli in corso d’opera.