Due passi nella scienza A cura di ALESSANDRA BIONDI BARTOLINI Fitofarmaci d’annata La crescente attenzione alla salute dell’ambiente e dei consumatori hanno portato negli ultimi decenni a una progressiva riduzione del numero di principi attivi utilizzabili per la protezione della vite. Fino al 1991 anche all’interno degli stessi paesi europei non c’era uniformità nella registrazione dei prodotti fitosanitari, mentre le norme relative alla registrazione, valutazione dei rischi e definizione dei limiti sono state introdotte con il Regolamento 1107/2009. Nel tempo poi anche i metodi analitici e strumentali di ricerca dei residui nelle uve e nei vini sono progressivamente migliorati, divenendo sempre più accurati, affidabili e sensibili. Ma se sappiamo che per molti vini le caratteristiche qualitative cambiano e migliorano negli anni, qual è invece il destino dei residui dei fitofarmaci? È quanto si sono chiesti i ricercatori di Gant, in Belgio, che hanno analizzato 84 vini prodotti in diverse regioni francesi tra il 1937 e il 2000, identificando in tutto 21 prodotti per la difesa, 13 dei quali sono stati ritirati dal commercio in quanto ritenuti nocivi per la salute dei consumatori o dell’ambiente. Tra questi sono risultati frequenti i residui di un fungicina, il carbendazim, e due insetticidi, il cadusafos e il carbaryl. Mentre nella maggior parte dei casi i residui restavano al di sotto la soglia limite del MRL (Minimum residual level) e non risultavano pericolosi per la salute umana, in un caso il contenuto in carbaryl andava oltre anche i limiti di tossicità espressi con il valore di ADI (Acceptable Daily Intake). Il processo regolatorio e di controllo introdotto ha cioè effettivamente consentito negli anni di migliorare e ridurre il rischio e la presenza di residui di fitofarmaci nei vini, ma ad esso sfuggono evidentemente i prodotti destinati al lungo invecchiamento, per i quali al momento non esistono standard di riferimento specifici. Articolo originale: Spanoghe P, De Rop J, Goeteyn L, Deja-Muylle A, Vanderstappen H, Neckebroeck L, et al. (2025) The temporal variation in pesticide concentrations within matured French wines. PLoS ONE 20(2): e0317086. https://doi.org/10.1371/journal.pone.0317086 Un nuovo modello per spiegare la struttura colloidale dei vini rossi Le macromolecole, proteine, polisaccaridi e polifenoli, giocano un ruolo importante nella definizione di stabilità, colore e percezione organolettica dei vini rossi. Un aspetto fondamentale risiede nella loro capacità di formare aggregati più o meno stabili. Anche nei vini rossi le proteine, il cui ruolo è stato spesso sottostimato nella descrizione delle interazioni colloidali, possono essere presenti in quantità significative e interagiscono con i tannini e con i pigmenti polimeri, contribuendo in modo sostanziale alla stabilità del colore. È solo una delle scoperte alla quale Matteo Marangon e gli scienziati e scienziate italiani che hanno collaborato all’interno del progetto D Wines (Diversity of the Italian Wines), sono giunti analizzando più di 100 vini mono-varietali provenienti da diverse regioni e sviluppando un nuovo modello in grado di descrivere le interazioni e il comportamento dei colloidi nei vini rossi. Secondo quanto riportato dagli autori della ricerca le interazioni si formerebbero in due diverse fasi: una prima fase nella quale i composti fenolici si legano in modo stabile con le proteine, e un secondo step dove a interagire tramite legami deboli con i complessi tannino-proteina sarebbero i polisaccaridi. La struttura, la composizione, la dimensione e la compattezza degli aggregati dipenderebbe dalla composizione dei vini e in modo particolare dalle proteine e dai tannini reattivi con le proteine (TBSA). Articolo originale: Marangon, M., Marassi, V., Mattivi, F., Mayr Marangon, C., Moio, L., Roda, B., … Curioni, A. (2025). The role of protein-phenolic interactions in the formation of red wine colloidal particles: This is an original research article submitted in cooperation with Macrowine 2025. OENO One, 59(2). https://doi.org/10.20870/oenoone.2025.59.2.8485 Un’alga invasiva per la difesa della vite Rugulopteryx okamurae è una macroalga invasiva proveniente dall’Oceano Pacifico, arrivata nel Mediterraneo nel 2002 e classificata tra le specie aliene. Nella difesa dalla malattie e nel rafforzamento della risposta agli stress abiotici, già alcuni estratti ottenuti dalle alghe hanno dimostrato di svolgere azione biostimolante o di induzione dei meccanismi di resistenza. Un gruppo di ricercatori spagnoli ha valutato l’efficacia di un estratto acquoso di Rugulopteryx okamurae nella risposta a Plasmopara viticola. La valutazione è stata fatta in ambiente controllato su due diversi cloni di Tempranillo, nei quali è stata analizzata sia l’attivazione dei geni coinvolti nei meccanismi di resistenza, sia la produzione di metaboliti secondari. I risultati hanno messo in evidenza che l’estratto dell’alga è in grado di indurre una reazione di resistenza nella pianta a livello sia molecolare, sia metabolico. Le piante trattate inoltre, sottoposte all’infezione da peronospora, hanno risposto in modo più efficiente, con una conseguente minore incidenza della malattia. L’uso dell’estratto potrebbe quindi consentire di sviluppare strategie sostenibili di difesa e al tempo stesso rappresenterebbe una possibile soluzione circolare di risanamento ambientale grazie all’utilizzo delle biomasse rimosse dalle coste. Articolo originale: Cantos-Villar, E., Mena-Petite, A., Díez-Navajas, A. M., Cretazzo, E., Lacuesta, M., Miranda-Apodaca, J., Pérez- López U., Córdoba-Granados J., Cámara A., Bertazzon N., Zarraonaindia, I. (2025). Rugulopteryx okamurae extract provides protection against Plasmopara viticola. OENO One, 59(1). https://doi.org/10.20870/oeno-one.2025.59.1.8243