L'editoriale Il vino italiano negli USA tra dazi, sfide e opportunità di STEVIE KIM, Managing Partner di Vinitaly Dopo 14 anni di attività nella promozione del vino italiano, ho maturato la convinzione che il nostro settore abbia una straordinaria capacità di affrontare le sfide, soprattutto quando sembrano insormontabili. Il 1° maggio 2025 ho avuto l’onore di moderare una tavola rotonda a Washington, D.C., intitolata Inside Italian Wine’s Next Move in America e organizzata da Veronafiere e ICE Agenzia. L’incontro, che ha riunito produttori, importatori e altre figure chiave del settore, ha rappresentato un’occasione ideale per riflettere sulle difficoltà che il vino italiano sta affrontando negli Stati Uniti. Il vino italiano rappresenta da sempre un pilastro dell’economia nazionale per il valore dell’export e per la qualità che ha saputo dare alle sue proposte. Negli ultimi anni però le difficoltà si sono moltiplicate: fra tutte, la più preoccupante pare essere l’imposizione dei dazi sulle nostre esportazioni che aumentano del 10% il costo del vino italiano. Un duro colpo per i produttori. Dopo i primi momenti di ovvio smarrimento ora è tempo di interrogarsi su come possiamo superare questi ostacoli e mantenere la nostra presenza e competitività in un mercato così importante come quello statunitense. Come ha spiegato durante la tavola rotonda Robert Tobiassen, Presidente della National Association of Beverage Importers (NABI): “Il 2 aprile, nel momento in cui il presidente Trump ha mostrato il suo cartellone, con i dazi che avrebbe imposto, ha dichiarato che l’UE impone tecnicamente un dazio del 39% in entrata sui prodotti americani e vi aggiunge l’IVA, includendo altri elementi che noi non consideriamo tali. Questo aspetto dovrà essere un punto cruciale nelle negoziazioni.” I numeri parlano chiaro: le esportazioni di vino italiano negli Stati Uniti sono diminuite, e le piccole cantine – che spesso non hanno la stessa forza di penetrazione dei grandi marchi – hanno dovuto adattarsi rapidamente a un ambiente più competitivo. Da promotrice del vino italiano ho imparato che la qualità non è sufficiente da sola. Il nostro vino, per quanto eccezionale, deve essere accompagnato da una comunicazione forte e da una strategia di marketing efficace soprattutto in tempi di incertezze economiche. Il mistero del 39% Durante la tavola rotonda si è discusso su soluzioni concrete per affrontare i dazi e sulle difficoltà del mercato statunitense. Una delle proposte emerse è stata quella di insistere sul confronto a livello politico: produttori, distributori e istituzioni italiane dovrebbero fare pressione sugli interlocutori americani a tutti i livelli, chiedendo la rimozione dei dazi. Ma questo non basta, occorre rinnovare i modelli di business. Il mondo può cambiare velocemente e sapersi adattare è sempre più cruciale. La comunicazione è diventata un elemento centrale affinché il vino italiano stia al passo con i tempi. La risposta del settore: innovazione e collaborazione Le piccole e medie cantine italiane sono il cuore pulsante del nostro settore e vanno trovate soluzioni per non far perdere loro competitività. A questo proposito, vorrei riportare una citazione di un piccolo importatore statunitense che ha partecipato all’evento a Washington D.C.: “I produttori di piccole e medie dimensioni hanno risorse limitate e il costo per entrare negli Stati Uniti è molto alto. Pertanto, le barriere all’ingresso iniziano quando gli importatori non hanno bisogno di altro vino, i grossisti non vogliono più vino dagli importatori e infine quando i ristoranti non hanno necessità di acquistare altro vino (ne è un esempio la riduzione generale delle wine list durante la pandemia e dopo). Perché un produttore dovrebbe entrare nel mercato statunitense quando ci sono questi tre grandi ostacoli da superare? Se produce meno di 20.000 casse, le risorse per entrare nel mercato sono senz’altro limitate; occorre pertanto aiutarlo a canalizzare le risorse in modo appropriato, rendendo efficace il suo investimento sul mercato. Noi proponiamo una strategia di accesso al mercato orientata al cliente. Parliamo di prezzi a partire dal cliente, poi a scaffale e a ritroso: un dazio del 10%, quindi, anche se potrebbe essere pari solo a $1, alla fine diventa $3 sullo scaffale. Tre dollari ti fanno uscire da una fascia di prezzo, il che significa che potresti perdere il 30% del tuo mercato, di grande impatto per chi sta cercando di costruire stabilità nel mercato statunitense.” Il ruolo delle piccole e medie cantine Come promotori del vino italiano, dobbiamo guardare al futuro con una visione chiara e condivisa, promuovendo la coesione tra istituzioni, produttori e distributori. Il mercato statunitense continuerà a essere un punto di riferimento, ma solo se saremo capaci di evolverci e di consolidare la nostra presenza. Come promotori del vino italiano, il nostro lavoro è far conoscere la qualità dei prodotti e sostenere le cantine, grandi e piccole: il futuro del vino italiano possiamo scriverlo noi e, insieme, possiamo far sì che resti un protagonista indiscusso nel panorama globale. Soluzioni e controproposte: la coesione saranno disponibili a breve sui siti di Vinitaly e Vinitaly.USA, dove troverete ulteriori dettagli sulle soluzioni proposte durante l’evento. Il resoconto e la trascrizione della tavola rotonda Stevie Kim