EDITORIALE La cura (perchè sei un essere speciale) di ALESSANDRA BIONDI BARTOLINI Inutile girarci intorno: esiste un problema legato alla salute mentale degli agricoltori e nessuno se ne sta prendendo cura. Inutile anche usare giri di parole per fenomeni che hanno un nome e che, se riconosciuti, possono essere affrontati correttamente per migliorare la qualità della vita di coloro che, anche nel settore vitivinicolo, soffrono di stress, ansia, burnout o depressione. I dati non sono molti e spesso non sono organici ma ci sono e dicono che gli agricoltori sono esposti più di altre categorie. Le inchieste riportate dal rapporto “Salute mentale in agricoltura: prevenzione e gestione dei rischi psicosociali per agricoltori e lavoratori agricoli”, redatto dall’Agenzia Europea per la Salute e la Sicurezza dei lavoratori EU OSHA dicono che un agricoltore su due soffre o ha sofferto di depressione, uno su quattro ha attraversato un burnout e uno su cinque soffre di ansia, ma anche che il rischio suicidario negli agricoltori e nei residenti nelle aree rurali è più elevato rispetto a quello di altre categorie. Di buono c’è che finalmente si comincia a parlarne e ad affrontare il problema. Ne hanno parlato alcuni organi di stampa internazionale, anche come risposta a una serie di drammatici casi di cronaca, e se ne è parlato nella giornata di studio “La salute mentale in agricoltura, un tema sottovalutato”, organizzata dall’Accademia dei Georgofili nel maggio scorso. Il settore vitivinicolo appare tra i più esposti e in esso le condizioni di disagio o di patologia riguardano sia i vignaioli e le vignaiole, sia i lavoratori e gli operatori. C’entrano tante cose che affollano ogni giorno la vita delle persone: l’isolamento e la solitudine, la dipendenza dall’andamento meteo e la preoccupazione crescente per la crisi climatica, la mancanza di sonno e di periodi adeguati di riposo, la sovrapposizione dei rapporti di lavoro con quelli familiari, la fatica fisica, ma anche la pressione e le complicazioni burocratiche, le difficoltà di adeguamento a normative e controlli, l’insicurezza finanziaria, la pressione dei prezzi, il timore di non essere pronti per i tanti cambiamenti richiesti. “I turbamenti che .. incontrerai per la tua via, le ingiustizie e gli inganni del tuo tempo, i fallimenti che per tua natura normalmente attirerai” (cit Franco Battiato, La Cura). A peggiorare la situazione c’è anche il radicamento di valori tossici e opprimenti come lo stoicismo, il sacrificio, la forza, la mascolinità e a volte anche la tradizione, che vuole gli agricoltori in grado di provvedere da soli alle necessità dell’azienda e della famiglia e superare ogni difficoltà. Aspetti che rendono difficile chiedere aiuto, perché lo stigma nei confronti della salute mentale è ancora forte, ma anche perché in alcune aree rurali interne i servizi mancano e a volte non è facile o veloce anche soltanto rivolgersi al medico di base. Figuriamoci a uno psicologo o una psicologa. Deserti sanitari li definisce il rapporto dell’Agenzia Europea EU OSHA. Ma con il disagio c’entra anche il netto scollamento tra l’immagine pubblica di coloro che “immersi nel verde svolgono il lavoro più bello del mondo”, e l’immagine privata di persone che lottano ogni giorno per la sopravvivenza delle loro imprese. Non aiuta nemmeno la retorica che incastra la complessità delle persone all’interno di archetipi narrativi che investono gli agricoltori dei ruoli da un lato di inquinatori, furbi, avvelenatori o sfruttatori, e dall’altro di eroi, custodi, guru, ribelli ecc. E se sicuramente per persone che fanno onestamente il loro lavoro essere messi tra i primi è ingiusto, discriminante e socialmente inaccettabile, anche sostenere la pressione e il carico emotivo di rappresentarsi e presentarsi come i secondi potrebbe non essere facile. Non è uno scarico di responsabilità quello di cui parlo: gli agricoltori devono prendersi degli impegni importanti nei confronti dell’ambiente, della società, dell’impresa e dei loro collaboratori e dipendenti. Ma tra i lavoratori che le aziende devono tutelare ci sono anche loro. Qualcuno si deve prendere cura anche di loro. Negli obiettivi di sostenibilità sociale la cura della propria salute fisica e mentale non può essere dimenticata. E anche chi comunica lo deve sapere che forse si potrebbe parlare più di organizzazione ed efficienza e meno di sacrificio ed eroismo, perché in un’azienda organizzata e stabile il rischio di andare incontro a situazioni di disagio è minore. L’azienda però deve avere modo di diventare organizzata e stabile; cambiare la narrazione non basta. Per far stare meglio le persone occorre l’impegno soprattutto delle istituzioni e delle associazioni e i sindacati agricoli. Occorre creare servizi che permettano di ridurre le distanze e l’isolamento di chi vive e lavora nelle aree rurali, dove mancano anche asili, scuole, strade, trasporti, connessioni stabili, luoghi di aggregazione. E poi ridurre e semplificare il carico burocratico. E ancora mettere in piedi iniziative dedicate specificamente alla salute mentale: linee telefoniche, progetti di sostituzione per permettere agli agricoltori di prendersi dei periodi di riposo, consulenti formati per l’ascolto. Lo stanno facendo in Irlanda, in Germania e in Francia. Si può fare.