CULTURA E SOCIETÀ Rock & Wine BACCO TRA LE NOTE di ALBERTO ANGELINO La classifica per i lettori di Millevigne dei più celebri brani rock a tema vino Nell’ultimo numero la storia delle “ ” ci ha permesso di affrontare il tema nel vino nella musica popolare dal tardo medioevo fino agli anni 70 del XX secolo. Ma in passato ci siamo spinti anche nella contemporaneità con l’improbabile confronto tra Otis Redding e Giorgio Gaber (Millevigne di settembre 2023). Ora è il momento di fare un passo in più e chiederci come hanno trattato il vino generi ancora più moderni. A cominciare dal Rock, che non è tutto casse di gin e vodka nei camerini prima del concerto. Del resto, se oggi Iggy pop è testimonial di Dom Perignon c’è un motivo. Per cui ecco la top five più enoica della storia del Rock e dintorni. chanson à boire L’estate brucia come un mozzicone di sigaretta, i soldi sono finiti e il proprietario vuole l’affitto. Allora niente di meglio che buttare gli ultimi penny da Haddows, catena inglese che vende liquori a basso costo, e per un pomeriggio fingersi la versione hippy del grande Gatsby. Un testo e un video pieno di bottiglie di vino che risulta un po’ malinconico nel suo raccontare una storia concreta, come fa spesso la band scozzese. Aggiungiamoci anche un pizzico della disillusione tipica della working class di quegli anni, che supera il consumismo e le convenzioni sociali per godersi una bottiglia insieme alla propria ragazza e chissenefrega se mi chiamano per un colloquio di lavoro! Atmosfere catturate anche dall’arrangiamento, perché chitarra acustica, ritmi morbidi e un’atmosfera quasi lounge, contribuiscono a evocare un pomeriggio estivo pigro, vissuto tra vino e sigarette. Curiosità: “Wine in the Afternoon” è nata come B-Side a compendio del singolo “Eleanor Put Your Boots On”, ma verrà presto nobilitata sia dalla band che dai fan. Wine in the afternoon (2006) –Franz Ferdinand È il 1967 quando il cantautore americano Neil Diamond esce con il suo secondo album in studio, Just for You. Tra le tracce c’è questa “ballata” folk, avvincente e drammatica: un “morbido brano con un racconto malinconico di una figura che affoga il suo dolore nel vino” (Billboard). Insomma, la storia di un uomo che beve per dimenticare un amore perduto non è esattamente un testo di avanguardia, ma abbastanza per piazzare il singolo al 62mo posto nella classifica delle hot 100 dell’anno. Subito cominciano le cover: nel 1968 quella del cantante olandese Peter Tetteroo. Poi qualcuno si accorge che spostando l’accento della chitarra la canzone diventa un reggae naturale: è il giamaicano Tony Tribe con una versione che raggiunge il quarantaseiesimo posto in classifica UK nel 1969. Nel 1970 anche Vic Dana la ripropone con discreto successo. Tutti se la dimenticano fino al 1983, quando i fratelli Alistair e Robin Campbell, che quattro anni prima hanno formato un gruppo chiamandolo come il modulo del sussidio di disoccupazione inglese ( , ), riscoprono la versione di Tony Tribe. A dire il vero al momento di pagare i diritti vedono che l’autore è indicato come N. Diamond, ma pensano che si tratti di un artista giamaicano chiamato Negus Diamond, perché il reggae ce l’hanno in testa anche se sono due bianchi di Birmingham. Hanno appena sfondato: King/Food For Thought, è arrivato al quinto posto nella Top 5 U.K. hits. Ma Red Red Wine fa meglio: balza in cima alla Hit Parade inglese e al trentaquattresimo posto in USA. La cosa divertente è comparare le versioni, perchè la spigliatezza del non toglie niente alla malinconia della canzone di Diamond e, infatti, lui la trova una delle migliori cover dei suoi lavori. Curiosità: nel video, girato in bianco e nero e ambientato in una triste In-ghilterra proletaria (siamo nel pieno del governo Thatcher), si vedono solo boccali di birra, tranne uno co-lorato di rosso. Red red wine (1983) – UB40 Unemployment Benefit Form 40 reggae L’improbabile bicchiere di Red Wine nel video degli UB40