Tra le uve bianche l'elenco è aperto dalla Sclava, di germogliamento tardivo, dai grappoli medi e serrati, con acini molto vinosi, di maturazione piuttosto precoce; preferisce terra magra ed è coltivata in collina a potatura corta; dà un vino sottile e chiaro, adatto all'invecchiamento. Vengono poi l'Albana, di germogliamento tardivo, grappoli grandi con acini dolci ma con buccia aspra, motivo per cui è sconsigliata una lunga fermentazione del mosto; coltivata nel Bolognese anche se la migliore è quella di Forlì e della Romagna in genere; dà un vino potente e di buon invecchiamento a patto che la si vendemmi a tempo debito. La Malixia o Sarcula: dà un tipo di media potenza e non ben conservabile ma " ". La Garganica: dà uva molto dolce e ben conservabile, il vino è poco potente, ma adattissimo all'invecchiamento; molto stimata a Bologna, ha il difetto di essere per la sua dolcezza ricercata anche... dai ladri. L'Albanica o Albinazza: dà un vino molto dolce e pregevolissimo; la migliore si produce a Borgo Panigale. La Verdecla o Verdiga: ha acini molto piccoli e dà un vino un po' asprigno e, a detta del de' Crescenzi, non buono». apud Bononiam precipue in honore habetur 45 È allora nella duplice forma, dell'ispirazione teorica e del plagio, che Saltini contesta la capacità di affermazione di Pietro de' Crescenzi nei secoli a venire: ma sottostante a questa polemica vi è naturalmente il peso politico della filosofia aristotelica, il ruolo e il potere della Chiesa cattolica soprattutto attraverso la lettura che Tommaso d'Aquino dà di Aristotele: «La posizione di Tommaso è quella di un aristotelico schietto; la sua opzione per la filosofia dello Stagirita è determinata dal fatto che in essa l'Aquinate – come la maggior parte dei suoi contemporanei – vede l'espressione compiuta della ragione naturale; e poiché "i principi naturali della ragione non possono essere in contrasto con la verità della fede cristiana", Tommaso ritiene senza alcun dubbio possibile un uso cristiano dell'aristotelismo. Di fatto il lavoro filosofico di Tommaso prende le mosse dalla riflessione su un concetto centrale della filosofia aristotelica, quello di atto, che utilizza come potente strumento nell'elaborazione della distinzione filosofica fra creatore e creatura – problema centrale di tutto il pensiero medievale, come abbiamo avuto modo di constatare più di una volta. Nel Tommaso presenta la sua dottrina centrale della distinzione fra essenza e atto di essere ( ) o esistenza: Dio è concepito come atto puro di essere che è per sua stessa essenza (" "), incausato e infinito; mentre si riconosce nelle creature una distinzione reale fra essenza creata ed esistenza». Ma questo argomento richiederebbe un libro a parte. De ente et essentia actus essendi ipsum esse per suam essentiam 46 Pini, , cit. 45. La viticoltura bolognese in due agronomi del trecento Università di Siena, Facoltà di lettere e filosofia, , in . 46. Manuale di Filosofia Medievale on-line Tommaso d'Aquino http://www.unisi.it/ricerca/prog/fil-med-online/autori/htm/tommaso.htm 4. Cercare per tracce: viticoltura e vini nel Piemonte e nella Liguria medievale «I vini erano o crudi o cotti, nazionali o forestieri. Tra i vini di Francia ebbe più antica celebrità il vino d'Orléans, e massime quello di Bebrecbien, di cui lacca sua delizia il re Arrigo I; vino che poi scadde tanto nell'opinione degli uomini, che nel secolo XVII fu proibito servirlo alla tavola del re di Francia. Verso gli stessi tempi erano in gran nome il vino di S. Pourcain nell'Alvernia, i vini del Reno allora chiamati vini d'Alsazia, e que' di Provenza. Alla corte del papa, finché la sedia apostolica fu in Avignone, i monaci di Clugny provvedeano vino di Beaune, mentovato dal Petrarca tra le ragioni per cui qualche cardinale non avrebbe voluto che il papa tornasse a Roma.