[...] Tra le prime (uve bianche) figuravano: la muscadella, "un'uva gentile, primitiva, di grani rotondi" (probabilmente il muscadeddu identificato da Moris nella vitis generosa, somigliante al muscat blanc); la barriadorgia "gentile e tardiva" (corrispondente alla vitis viridula segnalata tra le sette specie presenti nel vivaio di Villa d'Orri, presso Cagliari a metà Ottocento); la malvasia che "fa vino gentile"; la granaccia o garnaccia (la vitis austera); la taloppo, dai "grani prolongati e dal racemo grande"; la moscadellone dai "grani grossi e prolongati" [...]; la titta vachina dai "grani grossi e prolongati, rari e duri" (la tita de bacca ovvero la vitis maamillaris); la panzale [...]. Tra le nere comparivano: la zirone [...] la muristella [...]; la pascale; la triggia e la triggia longa, e infine l'apprezzata uva cannonadu, dai piccoli "grani rotondi" (la vitis praestans, capace di dare un vino di alta gradazione alcolica)».95

95. P. Sanna, La vite e il vino nella cultura agronomica del Settecento sardo, in La vite e il vino. Storia e diritto, cit., vol. II, pp. 676-677, 681-683.