3. Dove il terroir gioca la sua partita più complessa: la competizione economica internazionale In un volume collettaneo edito nel 2006 da Franco Angeli alcuni studiosi internazionali hanno analizzato il mercato del vino e le sue tendenze strutturali all'interno delle strategie concorrenti per ogni paese. È bene ricordare che questo studio investe un'Europa in cui la nuova Ocm vino è ancora a venire e di cui si intuiscono alcuni capisaldi e prospettive, ma non il dispiegamento attuale. Dopo una prospettiva del mercato del vino internazionale, vengono analizzati, in termini monografici, i mercati di singoli paesi europei ed extraeuropei: Francia, Italia, Spagna, California, Cile, Argentina, Australia. Il volume si conclude con l'analisi di alcune problematiche e con lo studio specifico del caso Campania. Il volume in questione, sebbene sia recente, ha la valenza di un documento storico, di una fotografia statistica dagli anni Novanta sino ai primi del Duemila, in cui si mettono in evidenza sostanzialmente due elementi: l'esplosione del mercato internazionale e dei nuovi produttori, ma anche delle nuove possibilità di esportazione dei vini europei, e il fallimento degli accordi multipli 57 58 a causa della mancanza dei relativi accordi attuativi, secondo i quali gli Stati aderenti avrebbero dovuto costituire «un sistema multilaterale di notifica e registrazione delle indicazioni geografiche per i vini ammissibili alla protezione nei membri partecipanti». La differenziazione tra Europa, Stati Uniti e Cina è rilevante ai fini della comprensione del fallimento degli accordi bilaterali, in merito proprio alla nozione di denominazione di origine come legame tra prodotto e territorio: «Onde valutare la portata delle novità introdotte dall'Accordo Ue/Usa con riferimento alla tutela delle indicazioni di qualità, è indispensabile esaminare, seppur brevemente, il quadro di riferimento: la disciplina applicabile in materia di denominazioni d'origine prima della conclusione dell'Accordo, nelle relazioni tra Usa e Unione Europea; le problematiche all'epoca aperte, originatesi anche da differenti valutazioni e interpretazioni sulla portata degli accordi internazionali applicabili. Già la convenzione di Parigi del 20 marzo 1883 sulla proprietà industriale, menziona esplicitamente le indicazioni di provenienza, come segno oggetto di tutela, così riconoscendo che anche le denominazioni d'origine potevano costituire l'oggetto di proprietà industriale, in quanto estrinsecazione dell'attività e della creatività dell'uomo, ovvero della collettività, che opera in un determinato territorio. Nello specifico la convenzione si limitava, però, ad introdurre l'obbligo per i firmatari di sanzionare l'utilizzazione diretta o indiretta di un'indicazione falsa relativa alla provenienza di un prodotto, senza peraltro fornire ulteriori specificazioni in ordine a cosa dovesse intendersi per "provenienza" e, quindi, senza introdurre alcun collegamento tra un prodotto ed uno specifico territorio. Questo primo approccio fu reso, poi, più incisivo per effetto della conclusione dell'Arrangement di Madrid avvenuto il 14 aprile 1891 nonché dei successivi aggiornamenti, tra cui da ultimo quello contenuto nel protocollo di Lisbona del 31 ottobre 1958. G.P. Cesaretti et al. (a cura di), , F. Angeli, Milano 2006. 57 Il mercato del vino. Tendenze strutturali e strategie dei concorrenti Gli accordi Trips (Trade-Related Aspects of Intellectual Property Rights), che hanno la stessa valenza della tutela del marchio intellettuale a livello internazionale. 58