Il terzo obiettivo strategico riguarda la richiesta di razionalizzare la gestione e i costi relativi alla distribuzione del prodotto vino tramite un uso efficiente di tecniche logistiche e distributive che coinvolgano anche la piccola realtà aziendale. Rimangono dubbi sulla possibilità di realizzare questi obiettivi a causa del potere della grande distribuzione organizzata. Si temono altre figure intermediarie, invece, nelle piccola distribuzione (bar, ristoranti, enoteche...). L'importanza dell'enoturismo e l'ampliamento, nonché il rafforzamento delle "Strade del vino" fa parte della quarta scelta strategica, che deve essere sviluppata, già come avviene in Australia, all'interno dell'offerta turistica nazionale. La quinta scelta strategica è rivolta al consumatore medio e deve saper indicare assieme alla piacevolezza del bere anche uno stile, italiano in questo caso, del consumo di vino, moderato e quotidiano, indicando in questo un'abitudine alimentare legata a tipicità, tradizione e naturalità. Collegata a questa vi è l'ultima opzione strategica, che riguarda la promozione del vino italiano sui mercati esteri: anche in questo caso si pensa che veicolo di traino sia il fatto di legare il vino alle altre produzioni agroalimentari e con lo stile italiano legato alla moda, al design e all'arte. L'elaborazione dello studio rimane generica su temi di grande portata sui quali l'accordo tra grandi aziende è evidentemente limitato. Quello che comunque emerge dallo studio è la sempre maggiore distanza di prospettiva tra l'azienda viticola medio-grande e quella piccola o piccolissima. Fare sistema, per la grande azienda, significa creare economie di scala, produttive, distributive, informative, comunicative ecc. Il che richiede accorpamenti, come già visto in precedenza, ovvero dimensioni sempre più grandi e semplificazioni (burocratiche, ma anche produttive, comunicative ecc.). Ciò significa adeguarsi, nella sostanza, alle valutazioni/percezioni che i mercati esteri più promettenti hanno di quello italiano. La poesia serve per vendere, e se poi per fare questo bisogna introdurre vitigni nuovi, territori nuovi, impianti nuovi, eliminare o accorpare Doc e produrne di nuove che permettano di giocare su rese, vitigni e comunicazione, beh, questo fa parte del gioco mondiale in cui si rompono e si ricompongono nuovi schemi commerciali. Come si è detto in precedenza, questi desiderata che si confezionano dentro il quadro europeo contraddittorio e ambiguo della nuova Ocm, nella cornice di un mercato mondiale, porteranno, probabilmente, a una pesante trasformazione della viticoltura, dei paesaggi, delle economie agricole locali e di come si sono evolute a partire dal secolo scorso sino a oggi. 63 Entro il 2025 la Cina sarà il primo esportatore ed il primo consumatore al mondo di vino. Cfr. G. Visetti, , in «la Repubblica», 13 giugno 2012, p. 37. «Changyu Pioneer Wine Co, nota come la più grande cantina della Cina, ha stanziato oltre 700 milioni di euro per costruire in Yantai, nella provincia di Shandong, la più grande città di vino al mondo. Il progetto utilizzerà 413 ettari e sarà anche un centro di ricerca oltre che un centro fieristico. L'apertura al pubblico è prevista per il 2016 e c'è da scommettere che questa data verrà rispettata. Changyu Pioneer Wine Co fu fondata nel 1892 con i vitigni importati da Bordeaux, Borgogna e Alsazia». E. Di Luigi, , in , 6 luglio 2012. 63 Così la Cina è diventata la nuova cantina del mondo Domande perfino ovvie: in quale nazione sorgerà la più grande città del vino al mondo? https://www.intravino.com/primo-piano/domande-perfino-ovvie-in-quale-nazione-sorgera-la-piu-grande-citta-del-vino-al-mondo/