13 I principi del Gruppo Viniveri Il vignaiolo che intende far parte del Gruppo Viniveri deve applicare le regole, appresso descritte, sull’intero ciclo di produzione e su tutta l’attività aziendale. 1. I principi generali a) esclusione di diserbanti e/o disseccanti; b) esclusione di concimi chimici; c) esclusione di viti modificate geneticamente; d) introduzione, nei nuovi vigneti, di piante ottenute da selezione massale; e) coltivazione di vitigni autoctoni; f) utilizzazione, per i trattamenti in Vigna contro le malattie, di prodotti ammessi dalle norme in vigore in agricoltura biologica. In ogni caso sono esclusi tutti quelli di sintesi, penetranti o sistemici; g) vendemmia manuale. 2. Il lavoro in vigna a) utilizzazione esclusiva di lieviti indigenti presenti sull’uva ed in cantina; b) esclusione dell’apporto di qualsiasi prodotto di nutrimento, sostentamento, condizionamento quali possono essere le vitamine, gli enzimi e i batteri; c) esclusione di ogni sistema di concentrazione ed essiccazione forzata; d) utilizzo dell’appassimento naturale dell’uva all’aria, senza alcun procedimento forzato; e) esclusione di ogni manipolazione tesa ad accelerare e/o rallentare la fermentazione naturale del mosto e del vino; f) fermentazione senza controllo della temperatura; g) esclusione di ogni azione chiarificante e della filtrazione che altera l’equilibrio biologico e naturale dei vini; h) la solforosa totale non potrà mai essere superiore ad 80 mg/l per i vini secchi e 100 mg/l per i vini dolci. 3. Il lavoro in cantina Carta dei Sentimenti, redatta dal “porthosiano” Marco Arturi Il vino è da sempre il modo di esprimersi di un territorio e di una cultura. Ma è alle prese con i mondi millenari celati dietro la facciata delle etichette e delle narrazioni che il vignaiolo trova il senso più profondo del suo mestiere. E con essi dovrà misurarsi per restituire al vino questo legame, con buona pace di quell’enologia globalizzata che ci vede come ingombri lungo il suo cammino in direzione dello svilimento delle varietà. Dobbiamo farlo per tentare di ridare, attraverso il nostro prodotto, dignità al termine “agricoltura”. La viticoltura ha beneficiato, per una serie di circostanze, di privilegi e opportunità negate al resto dell’universo agricolo: per questo ci sentiamo in dovere di fare in qualche modo da “traino”, sfruttando la forza comunicativa del vino. È una responsabilità che avvertiamo di più in questo periodo caratterizzato da una crisi – morale prima ancora che economica – di fronte alla quale il mondo contadino è chiamato a fornire modelli e soluzioni alternative. La centralità dei rapporti umani, la difesa delle diversità culturali e delle identità territoriali, la possibilità di un consumo più consapevole e sostenibile, la tutela dell’ambiente sono questioni alle quali è indispensabile fornire risposte.