Anche qui il criterio adottato dall'autore, che ripercorre ampiamente i suoi predecessori, è quello di marcare la variabilità delle situazioni, sottolineando la necessità di studiare e di conoscere la migliore condizione delle viti in rapporto alle altre variabili, che agiscono tra loro come interdipendenti: «Per lo più, infatti, la medesima terra non è adatta agli alberi e ai cereali, e la terra nera del tipo che si trova in Campania non è dovunque la migliore per le viti, come non lo è quella che sprigiona leggere nebbioline, né quella rossa, decantata da molti. Per la vite antepongo la creta del territorio di Alba Pompea [l'attuale Alba, in Piemonte] e l'argilla a tutti gli altri tipi di terra adatti a tale coltura, sebbene siano molto grasse. È un'eccezione che si fa per tale tipo di pianta. Viceversa la sabbia bianca del territorio del Ticino, quella nera che si trova da molte parti, come pure quella rossa, anche mescolate a una terra grassa sono infeconde. [...] Ogni cosa cela nel profondo i suoi segreti, e sta a ciascuno indagarli con la propria intelligenza».101

101. Gaio Plinio Secondo, Naturalis historia, cit., XVII 3, pp. 531-535.