Pietro Stara è autore del libro “Il discorso del vino” (ZIC Milano, 2013), con cui ha vinto, nel 2015, il premio per la saggistica edita del Centro Pavesiano – CEPAM e del libro “Il vino e la storia” (Sabatelli editore, Savona 2025). La sua ricerca si concentra sul mondo del vino, esplorando temi legati alla sua storia, alla viticoltura e all’enologia. Collabora con diverse testate giornalistiche, sia online che cartacee, approfondendo le tematiche relative al settore. Oltre al suo impegno nel giornalismo, insegna antropologia culturale e sociologia dei consumi, come docente a contratto, presso l’Università di Scienze Gastronomiche di Pollenzo.

Pietro Stara

Pietro Stara collabora con diverse testate giornalistiche, sia online che cartacee, approfondendo le tematiche relative al settore. Oltre al suo

"Il discorso del vino" di Pietro Stara è un'opera fondamentale che indaga l'origine, l'identità e la qualità del vino come problemi storico-sociali. Pubblicato nel 2013 dall'Associazione culturale Zero in Condotta, il volume rappresenta un viaggio approfondito attraverso la storia della viticoltura e dell'enologia italiana, dall'antichità fino al Novecento. L'opera si distingue per un approccio metodologico rigoroso che coniuga ricerca storica, sociologia e analisi delle rappresentazioni sociali del vino. Stara esamina i discorsi intorno al vino, le strutture sociali e il capitale simbolico, utilizzando interviste, osservazione partecipante e un'ampia documentazione bibliografica. Il percorso cronologico inizia dall'antica Grecia e Roma, analizzando i primi sistemi di catalogazione vinicola, l'etichettatura e i trattati di agronomia di Catone, Columella e Plinio il Vecchio. Prosegue attraverso il Medioevo con il sistema curtense e le "battaglie dei vini", l'età moderna con i vini di corte piemontesi e toscani, fino all'Ottocento con le inchieste agrarie di Filippo Re e Stefano Jacini. Particolare attenzione viene dedicata alle figure storiche che hanno rivoluzionato l'enologia italiana: Louis Oudart per il Barolo, Bettino Ricasoli per il Chianti, fino ai grandi enologi dell'Ottocento. L'analisi include anche l'impatto delle malattie della vite (oidio, fillossera, peronospora) e l'industrializzazione enologica. Il volume, arricchito da un'estesa bibliografia, interviste a produttori contemporanei e riferimenti a convegni specialistici, rappresenta uno strumento indispensabile per comprendere come la cultura del vino italiano si sia costruita nel tempo, intrecciando aspetti economici, sociali e identitari del territorio. Quest’opera, risalente al 2013, nasce come recupero culturale; alcuni link e riferimenti web potrebbero non essere più disponibili o aggiornati.

Introduzione

1. I discorsi intorno al vino

2. Strutture sociali e capitale simbolico

3. L'ordine del discorso e i fatti sociali

4. Le rappresentazioni sociali

4.1 I concetti

4.2 Le rappresentazioni

4.3 Il senso comune e la circolarità delle rappresentazioni

5. I luoghi e gli attori sociali della ricerca contemporanea

6. La metodologia

6.1 La rappresentatività

6.2 Ispezionabilità della base sociale e concetto di prova: lo sguardo storico

6.3 "Presentismo" e storia: contro la dilatazione del presente

6.4 L'intervista come strumento politico

6.5 L'osservazione partecipante

7. Sulla scrittura

Capitolo primo

1. Il problema dell'origine come inizio e dell'origine come provenienza

2. La prima etichettatura

3. Il primo catasto vinicolo

4. Il legno di quercia, o delle prime barrique: l'antica Grecia

5. Marco Porcio Catone e la prima prosa latina: il Liber de agri cultura

6. Columella e il De re rustica

7. La viticoltura nel mondo conosciuto: Geographica di Strabone

8. Le centottantacinque qualità diverse di vino, che diventano quasi il doppio: Naturalis historia di Plinio il Vecchio

9. Agricoltura e viticoltura nell'antica Roma: alcune linee di fondo

9.1 Roma imperiale, le province, il vino

9.2 Le anfore Dressel e la circolazione del vino

10. Cambiamento o declino?

Capitolo secondo

1. Il sistema curtense

2. Vigne, viti e vino nel medioevo

3. Pietro de' Crescenzi e la critica di Antonio Saltini

4. Cercare per tracce: viticoltura e vini nel Piemonte e nella Liguria medievale

5. Le battaglie dei vini

6. Lessicografia vitivinicola medievale

7. Agricoltura e viticoltura dall'età comunale al Rinascimento

Capitolo terzo

1. I caratteri dell'economia agricola in età moderna

2. Spunti sul paesaggio agrario vitivinicolo in età moderna

2.1 Territorio e stato

2.2 La piantata padana, l'alberata tosco-umbro-marchigiana e l'alteno piemontese

2.3 Le viti maritate dell'agro campano

2.4 I condaghes sardi

3. I vini di corte del Piemonte in età moderna

3.1 Da Carlo Emanuele I a Vittorio Amedeo II

4. La toscana, il cibo, i vini di corte e la prima denominazione di origine

5. I trattati di vitivinicoltura in epoca moderna

Capitolo quarto

1. Verso i Lumi

2. Viticoltura ed enologia tra Sette e Ottocento, con uno sguardo indietro e uno alla Francia

2.1 Sull'annosa questione della primogenitura nella spumantistica, che vede italiani, inglesi e francesi contendersi il primato

3. Il dibattito italiano

3.1 Friuli

3.2 Valtellina

3.3 Toscana

3.4 Piemonte

3.5 Giorgio Gallesio e la Pomona italiana

3.6 Enologi e viticoltori nella produzione letteraria veneta

3.7 Sardegna

4. Le variazioni sette-ottocentesche del gusto alimentare

Capitolo quinto

1. La vitivinicoltura nelle inchieste agrarie di Filippo Re (1809-1813)

2. Settanta anni dopo: l'inchiesta agraria di Stefano Jacini tra seconda rivoluzione industriale e crisi agraria

3. I paesaggi agrari nell'Ottocento

4. Vitivinicoltura ed enologia, tra evoluzioni tecnologiche e nuove malattie (oidio, fillossera e peronospora), nell'Ottocento: alcuni casi regionali

4.1 Piemonte

4.1.1 Enologi piemontesi nell'Ottocento

4.1.2 Louis Oudart, la tenuta di Grinzane e il nuovo Barolo

4.1.3 Giuseppe dei Conti di Rovasenda e l'Ampelografia universale

4.2 Vini nuovi e vini perfetti nella Toscana dell'Ottocento: Vittorio degli Albizi e Bettino Ricasoli

4.2.1 Vittorio degli Albizi

4.2.2 Bettino Ricasoli

Capitolo sesto

1. L'industrializzazione enologica

2. Vino, salute, pazzia, ubriachezza, società, economia e classe operaia tra Otto e Novecento

3. La manualistica vinicola ed enologica popolare, tra romanzi d'appendice, libri illustrati ed editoria scolastica, tra fine Ottocento e inizi del Novecento

3.1 Divulgazione scientifica e manualistica viticolo-enologica

Capitolo settimo

1. Linee di sviluppo del sistema agricolo in età giolittiana

2. Sulle frodi dei vini: un primo tentativo, approssimativo, di definizione del vino genuino

3. Viticoltura, produzione e commercio del vino in Italia attraverso la lettura dello scritto di Salvatore Mondini

3.1 Il Lazio

3.2 La Sicilia

4. L'Ampelografia del professor Girolamo Molon

5. La prima provincia viticola nel Piemonte del Novecento

6. Due viticolture di montagna a confronto nella crisi vitivinicola del Novecento: la Valle d'Aosta e le Cinque Terre

6.1 La Valle d'Aosta

6.2 La viticoltura e i vini delle Cinque Terre

7. I provvedimenti del regime e la legislazione fascista sul vino

8. Intanto in Francia...

Capitolo ottavo

1. Lentamente, verso le denominazioni di origine

1.1 Il testo del decreto

2. Il problema del controllo

3. Il primato della denominazione di origine, i disciplinari dopo la legge del 1963 e ancora il problema del controllo

4. La denominazione di origine come garanzia di qualità superiore?

5. Futuro anteriore: verso la nuova Ocm vino

6. I numeri del vino: come il mercato internazionale potrebbe condizionare le nuove scelte produttive

6.1 L'Unione italiana vini che legge Mediobanca

Tra i centri di produzione uno di quelli bene individuato è Pompei, e le anfore campane appaiono distinguibili anche per certi caratteri morfologici, quali il gomito delle anse arrotondato, l'orlo più piccolo e lo stacco netto tra spalla e corpo. Per quanto concerne l'anfora vinaria Dressel 6, che risulta essere morfologicamente molto simile alla Lamboglia 2 e dalla quale si differenzia solo dal puntale più allungato, l'area di fabbricazione è stata individuata nel Piceno, lungo le coste del Veneto, in Istria e Dalmazia a partire dai primi anni del I secolo d.C., e diffusa, per tutto il secolo, in tutto il Mediterraneo, con maggior presenza nell'Europa centro orientale». 135 G. Migliore, , in , 15 ottobre 2008. 135. Principali classificazioni della anfore da trasporto http://prod.percorsidiarcheologia.it/>,%2015%20ottobre%202008 10. Cambiamento o declino? «Fra gli ultimi decenni del II secolo d.C. ed i primi del III, le popolazioni rurali sostennero le monarchie militari, da Commodo ad Alessandro Severo, grazie ad un sistema di affittanza, voluto da questi imperatori, sempre meno remunerativo per i grandi proprietari, ma più favorevole ai coloni. Con Elvio Pertinace incominciò l'abbandono delle terre e l'imperatore, nei suoi circa tre mesi di regno, chiamò inutilmente i contadini ad occupare come proprietari le terre incolte, concedendo anche l'esenzione dalle imposte. Nel periodo dell'anarchia militare (da Massimino a Diocleziano) l'agricoltura e in specie la viticoltura italica erano in rovina, dati i costi ed il tempo richiesti da tale coltura. Aureliano negli anni Settanta del III secolo d.C., tentò invano di recuperare le terre incolte distribuendo famiglie di prigionieri di guerra fra i proprietari dei vigneti incolti dell'Etruria. Con l'editto di Probo (276-282 d.C.) si aprì uno spazio alla viticoltura provinciale presso i popoli barbari e l'imperatore permise finalmente "a tutti i galli ed a tutti gli spagnoli e persino ai britanni di coltivare le viti e di fare il vino", e di "possedere le vigne ai Galli e ai Pannoni". Benché in decadenza, la coltivazione della vite non venne mai meno nel mondo mediterraneo. Nel VI secolo d.C. Cassiodoro, ministro di Teodorico, poteva ancora ammirare le vigne e gli oliveti intorno a Reggio, esaltare l'acinatico veronese quale (vino corposo) e lodare i vini dell'Istria e del Friuli. Ma solo con l'editto di Rotari del 643 d.C., in piena età longobarda, la viticoltura tornò ad essere oggetto di attenzione e di protezione da parte del legislatore, recuperando il carattere di coltivazione preminente nelle terre italiche». carneum liquorem 136 C. Cogrossi, , in G. Archetti (a cura di), , Centro culturale e artistico del Sebino e della Franciacorta, Brescia 2003, p. 503. 136. Il vino nel «Corpus iuris» e nei glossatori et al. La civiltà del vino. Fonti, temi e produzioni vitivinicole dal Medioevo al Novecento Focalizzare i passaggi sulle trasformazioni agrarie e sociali del tardo impero significa affrontare, oltre che i cambiamenti degli assetti politico-economici (la nascita del Dominato, l'anarchia militare, il cristianesimo come nuove centro di potere), anche le principali modifiche degli assetti proprietari del periodo tardo antico. Arnaldo Marcone, sulla scorta degli studi effettuati da Carandini, ravvede nella nascita della "villa periferica" e della "villa imperiale" una delle ragioni del declino agrario: perché lontane dalle grandi vie di comunicazione, perché circondate da terreni meno favorevoli con scarso investimento di capitali, perché sottoposte a grandi colture estensive e, infine, perché gestite tramite schiavi e coloni. 137 138 Cfr. A. Carandini, , in , École française de Rome, Roma 1992, pp. 167-174. 137. I paesaggi agrari dell'Italia romana visti a partire dall'Etruria L'Italie d'Auguste à Dioclétien A seguito della crisi del sistema schiavistico si fece strada, nel corso dell'Età Tardoantica una nuova figura di coltivatore, indicata nella ricca giurisprudenza dell'epoca come colono. Tale termine veniva applicato a coloro che lavoravano su lotti di terre avute in concessione da un proprietario terriero, il , ormai non più in grado di reperire la mano d'opera occorrente alla conduzione diretta del suo . Il suo status, formalmente libero, era sottoposto tuttavia a severe limitazioni personali, essendo strettamente vincolato alla terra, della quale seguiva i destini; per molti versi la sua condizione non era molto dissimile da quella dei veri e propri schiavi, che, sebbene in numero sempre più esiguo (ma senza mai scomparire del tutto) continuavano a far parte integrante dei latifundia, anch'essi per lo più di titolari di quote di terre assegnate ( ). Più di rado gli schiavi venivano addetti alla coltivazione dei pochi che il riteneva di dover (e poter) continuare a gestire in proprio, secondo i criteri del modo di produzione schiavistico. I confini dello stato giuridico dei molti lavoratori della terra era reso ulteriormente indistinto dalla moltitudine di piccoli e medi possessori (liberi) di terre, i quali, per sfuggire alla oppressione della onnipresente e vorace macchina amministrativa imperiale, preferivano rinunciare alla propria libertà ponendosi sotto l'ala protettrice dei locali, cui preferivano cedere le rispettive proprietà, continuando a lavorarle in qualità di coloni. Cfr. , in . 138. dominus latifundium servi quasi coloni fundi dominus domini Schiavi, contadini e i signori della terra e del paesaggio agrario Tarantino. Schiavi, coloni, villani e braccianti https://www.perieghesis.it/signori.htm

Saggio storico-sociale sul vino italiano: dall'antica Roma al Novecento. Analisi di origine, identità e qualità attraverso documenti e fonti.