“Siamo una grande famiglia“ è il libro che ogni impiegato, manager, stagista e parente del titolare dovrebbe leggere — possibilmente prima di inviare l’ennesima mail alle 18:59 con oggetto “URGENTE”. Il manuale (non richiesto) di sopravvivenza al meraviglioso mondo delle aziende italiane, dove il concetto di “familismo amorale” non è solo un termine sociologico, ma un vero e proprio modello di business. Perché in fondo, chi ha bisogno di meritocrazia quando puoi far carriera chiamando il capo “zio”?
Attraverso capitoli al vetriolo e situazioni così assurde da sembrare vere (perché lo sono), scoprirai come il luogo di lavoro possa diventare una sitcom tragicomica, se solo impari a guardarlo con l’ironia giusta.
In queste pagine troverai:
il familismo amorale: dove il vero curriculum è l’albero genealogico e le promozioni si decidono ai pranzi di famiglia;
le call inutili: non è colpa dello smart working, è che proprio non sapete smettere di convocarle;
il team building: ovvero come simulare l’amicizia mentre pensi a come schivare la gita aziendale;
il paternalismo aziendale: "ti parlo come un padre", ma ti tratto come un bimbo dell’asilo (che deve anche fare gli straordinari);
la festa di Natale: obbligo di entusiasmo e panettone industriale.
Perfetto per chi lavora in una grande azienda, per chi ci ha lavorato, o per chi sogna di evitarla a tutti i costi. Una lettura irriverente, ma terapeutica, che ti farà ridere amaramente e dire: “Oddio, questo succede anche da noi”.
Indice
IntroduzioneParte prima: La grande famiglia disfunzionaleIl familismo amorale: quando il nepotismo diventa un modello di businessSiamo una grande famiglia! (ma Saturno mangiava i suoi figli)Il paternalismo: ti parlo come un padre, ti tratto come un bambinoIl tribalismo: la tua scrivania, il tuo reparto, la tua tribùLa festa di Natale: obbligo di divertimento e panettone a comandoLa gita aziendale: team building forzato con annesso mal di schienaIl dress code informale: casual friday tutti i giorni (tranne quando viene il cliente)Parte seconda: La comunicazione e i suoi orrori"Piuttosto che", "quant'altro", e altre aberrazioni: quando parlare male è un requisito professionaleMa perché stiamo parlando in inglese? L'uso improprio della linguaLe riunioni inutili non le moltiplica lo smart working, le moltiplicate voiI valori aziendali: ho sentito un'accelerazione nel vuoto pneumaticoLa mail delle 18:59: l'arte di rovinare la serata con eleganza"Gentilmente" e "cortesemente": come darti ordini facendoti sentire in colpaIl round-robin nei meeting: quando tutti devono parlare, anche se non hanno nulla da dire
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EditoreNothing Works PublishingPagine87
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